Giorgio Almirante e Roma: un amore ricambiato. Col popolo

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Giorgio Almirante e Roma. Roma e Giorgio Almirante, di cui domani ricorre l’anniversario della morte. La capitale era la città di adozione del leader missino, la cui famiglia era di nobili origine siciliane ma che girava l’Italia per il suo mestiere. Il padre infatti era un regista, e vissero per molti anni a Torino, la Cinecittà di allora, dove Giorgio frequentò il liceo classico Umberto I. Trasferitosi con la famiglia a Roma, finì il liceo classico sempre all’Umberto I, che era a Santa Maria Maggiore, divenendo poi il Pilo Albertelli. Una sua insegnante di lettere, che a fine carriera ebbe tra i suoi alunni Massimo Magliaro, futuro braccio destro di Almirante, ricorda l’eccezionalità di Almirante come studente. Memoria eccezionale, curiosità intellettuale, vastissima cultura, eloquio dotto e linguaggio proprissimo, come poi dimostrerà.

Almirante andò ad abitare in via Quattro Fontane

Dopo la guerra, l’esponente del Msi andò ad abitare in via Cuboni, ai Parioli, vicino via Mercati. A quei tempi aveva una Dauphine azzurra, che poi cambiò con una Fiat Bianchina. Le auto le guidava da solo, e si muoveva sempre senza scorta per Roma. Sotto casa sua c’era solo un agente. In seguito, la questura, con la mediazione di Michele Marchio perché lui non voleva scorta, gli affidò una vigilanza discreta. Altrimenti aveva il suo autista del partito, l’indimenticato Mario. Ma il senso del dovere e l’abnegazione verso il Msi indussero Almirante a trasferirsi presto in via Quattro Fontane, di fronte alla direzione nazionale del Msi a Palazzo del Drago, dove prese un piccolo appartamento all’angolo con via Nazionale.

Nel 1971 fu consigliere comunale in Campidoglio

Quando divenne segretario del Msi, dopo la morte di Arturo Michelini, nel 1969, decise di candidarsi al Campidoglio, venendo eletto a furor di popolo. Era il 1971, e il Msi superò il 16 per cento dei voti, mandando al comune ben 13 consiglieri. Tra i colleghi di Almirante, Afan de Rivera, Alberti, Aureli, Baldoni, Bon Valsassina, Ciancamerla, Ciano, De Totto, Gionfrida, Marchio, Signorelli, Trombetta. Una pattuglia di autentici giganti. Roma poi vide protagonista Almirante in molte occasioni. Dagli scontri del ’68 all’università La Sapienza, agli oceanici comizi in piazza del Popolo, la “sua” piazza. Tranne nel 1972, quando il comizio della vittoria alle politiche lo volle fare in piazza Navona, luogo deputato della sinistra.

Almirante visitava tutte le sezioni del Msi della capitale

Come segretario del partito, poi, non esitava ad andare non solo in tutte le sezioni di Roma, che erano oltre 40, anche nelle più periferiche. Ma soprattutto andava in tutte le piazze di ogni quartire a parlare alla gente, ricevendo sempre un grande consenso e suscitando entusiasmo. Non aveva l’abitudine “romana” di andare al caffè, perché quando usciva di casa era per andare al lavoro, al partito. Fu sempre tutta la sua vita. Qualche rara volta andava al teatro, mai al cinema, perché preferiva lavorare fino a tarda notte a sbrigare la sua corrispondenza con la base del partito. L’ultimo suo intervento pubblico, pochi mesi prima di andarsene, lo fece nella storica sezione di piazza Tuscolo, all’Appio Latino, invitato dal suo antico amico Domenico Gramazio.

Quell’ultimo saluto a Berlinguer

Ci piace infine ricordare quando andò, d’improvviso, alla sede del Pci di Botteghe Oscure, nel cuore di Roma, a rendere omaggio al suo amico-nemico Enrico Berlinguer. Solo col suo capo di gabinetto Magliaro, attraversò l’immensa folla, mettendosi in fila con gli altri. Ma, riconosciuto, fu avvisato Pajetta, che scese subito per accompagnarlo alla camera ardente. Quattro anni dopo, fu Pajetta a dover venire a via della Scrofa a salutare per sempre l’avversario rispettato. Almirante di Roma aveva il cuore, e la città lo contraccambiò sempre.