Per l’ANPI meglio pedofilo che di destra. Ma in tribunale scatta la condanna
Meglio pedofilo che di destra. Potrebbe essere questa la sintesi per il comportamento tenuto dal’ANPI contro l’associazione La Caramella buona e il suo presidente Roberto Mirabile (nella foto). Una vicenda che risale al 2015 e che ha fatto scalpore, perché fino ad allora contro la Caramella Buona non c’era stato nulla. Anzi, l’associazione era sempre stata riconosciuta da tutte le istituzioni, presente ai tavoli di lavoro e di confronto, attiva sul territorio. E ovviamente apolitica e trasversale, perché la lotta a un reato mostruoso come quello della pedofilia non conosce colore ne’ appartenenza di partito.
Poi è cambiato tutto. La Caramella buona stava organizzando un evento a Milano, tra l’altro patrocinato dalle istituzioni locali. Come successo innumerevoli altre volte. Ma scoppiò la bomba, lanciata direttamente dalle sezioni ANPI di Milano e di Brescia. Quel convegno contro la pedofilia non si doveva più fare. Perché sarebbe stato sponsorizzato da pericolose associazioni di stampo fascista. Apriti cielo, in un attimo è successo il finimondo. E contro La Caramella Buona si è scagliato un fuoco incrociato impensabile. Un misto di ipocrisia e di opportunismo politico che ha lasciato il segno.
Meglio pedofilo che di destra. E arriva la condanna
La tesi dell’ANPI era molto semplice. Senza nessuna prova, veniva insinuato il sospetto che la Caramella Buona fosse una sorta di copertura per associazioni e attività di estrema destra che si svolgevano in giro per l’Italia. Una clamorosa invenzione, contro la quale l’avvocato Monica Nassisi che cura la gran parte degli aspetti legali connessi all’attività dell’associazione si è subito scagliata con forza. E oggi che il Tribunale di Reggio Emilia ha dato ragione a lei e alla Caramella Buona la Nassisi può togliersi una bella soddisfazione. Quella di aver vinto difendendo chi è a fianco dei bambini contro un reato orribile come la pedofilia. Nessuno, nemmeno l’ANPI può dare patenti di democrazia. Tanto meno ad associazioni stimate che hanno svolto per decenni egregiamente la loro missione.
“Volevo spiegarlo al presidente nazionale ANPI Smuraglia”, dice la Nassisi. Ma nonostante il tentativo obbligatorio di mediazione lui ha rifiutato ogni confronto. E siamo finiti dritti in Tribunale.
Per l’ANPI è la prima condanna per diffamazione
Davanti al Tribunale di Reggio Emilia, città sede della Caramella Buona si è assistito ad un vero e proprio scarico di responsabilità. Sarebbero state le sezioni di Milano e di Brescia ad attaccare la Caramella buona, senza nessun coinvolgimento dei livelli nazionali. Peccato, fa notare ancora la Nassisi, che avessimo le prove di scambi di mail e di tweet che dimostrano chiaramente come l’azione di diffamazione fosse almeno ben conosciuta da chi governava l’ANPI in quel periodo. Un attacco mediatico così forte che ha comportato la cancellazione di tanti impegni dell’associazione, la esclusione da tutti i programmi RAI e un danno all’immagine incalcolabile.
Dopo tre anni di battaglia processuale però è arrivata piena giustizia. Il Tribunale ha riconosciuto a carico dell’ANPI il reato di diffamazione a mezzo stampa nei confronti della Caramella Buona, condannando l’associazione che rappresenta i partigiani d’Italia a un risarcimento di 20,000 euro. Una somma notevole che raramente i giudici liquidano in cause di questo tipo. E nessuna distinzione tra ANPI locali e nazionale. La cosa più importante è che abbiamo affermato un principio, conclude la Nassisi. Che nessuno, nemmeno gli eredi dei partigiani possono mettersi al di sopra della legge. E gettare fango su chi svolge con competenza e onestamente il proprio lavoro.