Riforma del Premierato, rivoluzione per i senatori a vita: li nominerà il Primo Ministro

L'aula del Senato
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Una riforma storica per la maggioranza, un’attacco alla democrazia per le opposizioni. I primi festeggiano in Aula del Senato dove è arrivato il primo fatidico sì, gli altri urlano in piazza contro il Governo Meloni. Ma la riforma del premierato inizia ad essere realtà e va a scardinare uno dei totem che ci accompagnavano dal dopoguerra a oggi: quello dei senatori a vita.

I senatori a vita

Fino ad oggi la scelta dei senatori a vita era di pertinenza del Presidente della Repubblica. Oltre ai Presidenti della Repubblica a fine mandato, venivano insigniti della carica tutti i cittadini che hanno reso grande l’Italia nel mondo, per meriti di lavoro, politica o atti civili. La scelta oggi passa nella mano del premier.

L’articolo 59 della Costituzione

La norma abroga l’articolo 59 della Costituzione al secondo comma, che recita: “Il presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque”. Dunque, il Quirinale verrebbe del tutto privato del potere di nominare dei senatori a vita.

Non è immediata

A dimostrazione che la volontà del premierato non era legata a interessi dell’attuale maggioranza, ma di un progetto che vada a migliorare un excursus politico dell’intero arco parlamentare italiano – quindi potranno beneficiare della norma sia destra che sinistra – le nuove norme entreranno in vigore solo dal prossimo scioglimento delle camere. Quindi chi parla di leggi ad personam dice il falso: la Meloni non beneficerà della scelta dei senatori a vita, ma sarà il prossimo futuro governo a farlo.

Gli altri passaggi di voto

Dopo aver approvato il primo articolo, il Senato prosegue nella discussione per arrivare al voto degli altri quattro. Quando l’intero ddl sarà stato approvato, passerà alla Camera, poi in autunno dovrà tornare ancora al Senato per la seconda lettura, e da lì ancora alla Camera. Sempre presupponendo che non ci siano più emendamenti e che il testo resti identico.