Addio a John Pilger, denunciò gli orrori degli Khmer rossi comunisti sulla popolazione cambogiana

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Denunciò le atrocità acomuniste. John Pilger, uno dei più autorevoli giornalisti investigativi mondiali, che nel 1979 portò alla ribalta le atrocità dei Khmer rossi in Cambogia e che denunciò anche lo scandalo del talidomide, è morto sabato a Londra all’età di 84 anni. L’annuncio della scomparsa del giornalista, scrittore e regista australiano, che dagli anni ’60 viveva a Londra, dato dalla sua famiglia via social: “Il suo giornalismo e i suoi documentari celebrati in tutto il mondo, ma per la sua famiglia era semplicemente il più straordinario e amato papà, nonno e compagno. Riposa in pace”. Per il linguista e attivista radical statunitense Noam Chomsky, “il giornalismo di Pilger è stato uno spiraglio di luce nell’oscurità che caratterizza questi ultimi tempi”.

Un lunga carriera di inviato di guerra

Nato a Sidney, in Australia, il 9 ottobre 1939, John Pilger iniziò la carriera di giornalista al “Sydney Sun” nel 1958 per passare poi a “The Daily Telegraph”. Nei primi anni sessanta si trasferisce a Londra, al “Daily Mirror”, come inviato di guerra in Vietnam, Cambogia, Egitto, India e Palestina. In seguito scrive per “The Guardian”, “The Independent” e “New Statement”. Nominato due volte Giornalista dell’Anno nel Regno Unito e vinse l’United Nations Association Peace Prize and Gold Medal. Per i suoi documentari ottenne il riconoscimento di Reporter Sans Frontières in Francia, un Academy Award Usa, un Emmy e il Richard Dimbley Award. Pilger si trovava nella stessa stanza quando Robert Kennedy fu assassinato mentre era in corsa per le elezioni del 1968.

Numerosi i suoi libri di denuncia sociale

In Italia Fandango ha pubblicato i libri-inchiesta di Pilger “I nuovi padroni del mondo” (2002), in cui dall’Iraq all’Afganistan, dall’Indonesia alla Palestina, indaga la lunga scia di sangue generata dal difendere gli interessi di gruppi politici e multinazionali dell’Occidente; “Agende nascoste” (2003), descrizione della produzione e vendita d’armi come grande volano dell’economia e della progressiva soppressione dell’informazione libera nei Paesi occidentali; “Un Paese segreto” (2004), denuncia dell’Australia “brutalmente colonizzata con lo sterminio degli aborigeni; “Aspettando la libertà. Freedom next time” (2008), in cui dà voce a chi subisce i grandi cambiamenti geopolitici.

Riflettori anche sui guai della delocalizzazione

Pilger autore anche di “Comprare con giustizia”, in cui racconta i viaggi nel “pianeta” delle multinazionali, nelle fabbriche in cui vengono cuciti i vestiti alla moda dei più famosi marchi di calzature, rivelando le condizioni di lavoro degli operai in Asia, analizza le cause e denuncia le conseguenze della “delocalizzazione” della produzione in Paesi che non rispettano i diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Come documentarista Pilger si affermò nel 1979 con “Year Zero: The Silent Death of Cambodia”, sulla Cambogia sotto Pol Pot e i suoi Khmer Rossi, e molti altri sull’Australia e sul trattamento riservato agli indigeni. Altri documentari raccontano delle violazioni dei diritti umani in Palestina, Timor Est e Iraq. Il suo ultimo film fu “War on Democracy”.

Scatenò polemiche per la sua difesa di Putin

Pilger ha anche scatenato polemiche con i suoi commenti sulla Russia. In un articolo del 2014 per il “Guardian”, ha scritto che il presidente Vladimir Putin è stato “l’unico leader a condannare l’ascesa del fascismo nell’Europa del XXI secolo”. Definì anche all’emittente statale russa RT l’attacco russo con agente nervino a Salisbury nel 2018 “un dramma accuratamente costruito in cui i media ebbero un ruolo”.