Chi ha scaricato l’antivirus russo Kaspersky rischia grosso. Lo scenario: “A Putin basta un clic…”

Kaspersky antivirus
«Un appello urgente alle istituzioni italiane al fine di verificare l’antivirus in loro uso». Lo ha lanciato Marco Camisani Calzolari, esperto informatico, volto noto della tv, consulente di Striscia la notizia. La notizia in sè è allarmante e spiazzante.
L’antivirus in questione è uno dei più usati sui computer italiani e nei sistemi informatici occidentali. Il simbolo è un orso (l’orso che è il simbolo della Russia per eccellenza). Lo avrete letto centinaia di volte, perché da anni si può scaricare in versione gratuita. Si chiama Kaspersky: è un antivirus, «creato da Eugene Kaspersky, uno degli uomini più ricchi della Russia ed è consulente del Ministero della Difesa Russo. Pare che addirittura gli gestisca la parte informatica». In pratica, quell’antivirus, il software che in pratica ha accesso a tutti i dati di un computer, appartiene a un “uomo di Putin”.
Eugene Kaspersky, fondatore dell’azienda, ha più volte negato fermamente qualsiasi legame con Putin ma gli americani continuano a non fidarsi e riferiscono della necessità di ulteriori esami, problematiche che certamente peggioreranno con il deterioramento del rapporto tra Stati Uniti e Russia.

Kaspersky è l’antivirus di Viminale, Difesa e Servizi Segreti

«Da una ricerca di Fabio Naif – scrive Camisani Calzolari – emerge che Carabinieri, Ministero dell’interno, Giustizia, Difesa e Servizi segreti, utilizzino e acquisiscano software antivirus Kaspersky. In sostanza non è da escludere uno scenario come nei film di spionaggio in cui il cattivo preme un tasto e si spegne un intero paese». E cioè il nostro.

I nostri sistemi informatici nelle mani di un antivirus russo

L’esperto informatico ha citato i siti più importanti a rischio:  «Palazzo Chigi – Presidenza del Consiglio dei Ministri Ministero della Difesa Carabinieri Ministero della Giustizia Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza». Ma lo scenario è ancora più allarmante. Perché, come insegna il caso della Regione Lazio, basta anche un pc di un singolo utente che ha installato quel software per mettere a rischio l’intera banca dati. Nel caso dei pirati informatici della Regione Lazio accadde infatti che un dirigente che aveva accesso alla “cervellone” centrale fu hackerato. E bastò quell’attacco pirata a un solo pc, per far saltare per giorni e giorni tutti i sistemi informatici della Regione. Ultimo dettaglio, non meno inquietante, i pirati informatici colpirono dalla Russia.