Annarita Morelli uccisa dal marito a Fonte Nuova: ‘Volevo metterla sulla carrozzina’
La controllava, la seguiva, aveva posizionato nella sua auto un GPS, aveva registrato le conversazioni. Doveva conoscere tutti i suoi spostamenti, avere il pieno controllo sulla sua vita. Lei non doveva allontanarsi da lui, doveva restare al suo fianco. E se solo lei avesse provato a chiedere la separazione, lui l’avrebbe ammazzata. Lo aveva detto Domenico Ossoli. E il 6 agosto scorso lo ha fatto per davvero. Ha raggiunto sua moglie, quella che aveva chiesto la separazione, l’ha affiancata mentre era in auto e ha esploso un colpo di arma da fuoco. Che è stato fatale per Annarita Morelli. L’ennesimo femminicidio e ancora una volta la parola ‘amore’ che si mischia con la morte e che si confonde con l’ossessione.
Annarita Morelli uccisa dal marito a Fonte Nuova
L’uomo controllava la moglie, le aveva ‘piazzato’ un GPS nella vettura. E a dirlo anche il figlio: “Sapeva i suoi spostamenti, glieli faceva notare durante i litigi. Diceva di sapere anche delle spese di mia madre, probabilmente la seguiva utilizzando qualcosa o qualcuno. Questo sentore l’ho avuto da sempre” – come si legge nell’ordinanza.
I genitori, stando al suo racconto, da tempo non andavano d’accordo e la madre aveva chiesto la separazione. Il padre si era trasferito vicino Norcia, in Umbria, ma ritornava spesso nell’abitazione di Tor Lupara e lo faceva senza preavviso. Proprio come è successo tra la fine di luglio e i primi giorni di agosto, quando era ritornato e aveva dormito in una stanza separata, ‘lontano’ da Annarita Morelli. Ma sempre sotto lo stesso tetto. Tra i due i litigi c’erano sempre stati, discussioni per carattere economico perché l’uomo era convinto e accusava la donna di avergli portato via il denaro. “Liti accese verbalmente, ma non in maniera fisica nell’ultimo periodo. Anni addietro, prima della separazione, anche in maniera fisica. Mio padre è sempre stato violento”. E in alcune occasioni ha minacciato di morte la donna.
Annarita Morelli, il marito: “Piuttosto l’ammazzo, ma non le do la separazione”, poi gli spari
Era convinto del tradimento
Domenico Ossoli accusava la donna di avergli sottratto circa 20 milioni di lire. E via con le aggressioni, tra spintoni e strattonamenti. Era geloso, possessivo, convinto che lei lo avesse tradito.
“Volevo farla finire sulla carrozzina”
Domenico Ossoli ha ricostruito la terribile mattinata del 6 agosto scorso. È partito da Norcia intorno alle 5, con l’intento di sparare alla moglie. È arrivato a Fonte Nuova, ha parcheggiato l’auto, poi intorno alle 9 si è recato a piedi verso il tabaccaio, lì dove era certo di trovare la donna. Ha aspettato 15 minuti, l’ha vista, poi ha sparato a distanza ravvicinata un colpo. “Volevo spararle alle gambe, metterla sulla carrozzina” – ha detto.
E invece quel colpo, a bruciapelo, l‘ha centrata all’altezza della spalla sinistra. Annarita Morelli stava facendo manovra con la sua auto, non ha avuto il tempo di accorgersi di nulla e di reagire. Lui, secondo il Giudice, ha agito con premeditazione, ha maturato tutto il 4 agosto, poi due giorni dopo l’ha uccisa con la pistola Beretta calibro 7,65. Non voleva perdere il controllo sulla sua vita e l’ha ‘punita’ uccidendola.
Come si legge nell’ordinanza, che ha riconosciuto tutte le aggravanti, emessa al termine dell’udienza di convalida: “La raccolta indiziaria appare imponente, costituendo un vero e proprio impianto probatorio di indiscutibile solidità con riguardo alla fattispecie di reato come contestata dal PM, imperniato sullo sfondo della quasi flagranza nella quale Ossoli è stato colto, con l’arma utilizzata per uccidere la moglie nel borsello, dai militari, immediatamente accorsi a seguito dell’allarme del tabaccaio”.
Domenico Ossoli è “capace e incline a gesti della massima pericolosità, che adotta freddamente, con premeditazione, e per futili motivazioni, rilievo che non può non istituire esigenze di tutela sociale di spessore particolarmente qualificato e della massima intensità, tali da rendere inevitabile il ricorso al più efficace e garantito contenimento che solo la custodia inframuraria può fornire“.
Ha agito con premeditazione
Su richiesta della Procura di Tivoli il Giudice per le indagini preliminari ha disposto la custodia cautelare in carcere. E lo ha fatto con le aggravanti. L’uomo ha commesso il fatto in danno della moglie, per motivi abietti, non le ha dato modo di difendersi. E ha agito con premeditazione. Aveva studiato tutto nei dettagli ed era arrivato lì a Fonte Nuova con un intento specifico, quello di ammazzarla.