Antonella Clerici regina della serata e Andrea De Logu vince la sfida Telethon

Copertina di Benedetta Tv
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Antonella Clerici regina della serata e Andrea De Logu vince la sfida Telethon. Ieri sera la finale di The Voice Kids ha vinto la serata fermandosi a un passo del 25% e, comunque battendo di oltre 10 punti l’ultima puntata della fiction di Canale 5 Il Patriarca 2 (14.1%). Per il resto da notare la solita insulsa guerra fratricida tra La7 e il 9. Sia Propaganda Live che Fratelli di Crozza erano dei “meglio di” e come sempre si sono spartiti un pubblico (3,7% e 3,5%) che molto probabilmente avrebbe seguito entrambi i programmi se fossero programmati in serate diverse.

The Voice Kids: non è detto che la diretta sia sempre la scelta migliore

Dei motivi per cui The Voice Kids sia un programma di successo abbiamo già detto. Ottimo assortimento dei giudici, molto divertenti i siparietti tra loro; bravissima Antonella Clerici che ieri si è presentata con una natalizia tutina rossa in paillettes molto coraggiosa ma che le stava benissimo; splendida regia. Ma è utile sottolineare ancora una cosa. Il programma era registrato. Nonostante fosse un talent show, a decidere il vincitore non era il pubblico da casa ma quello presente in studio, con un telecomando, come si faceva decenni fa. Questo non ha penalizzato il programma anzi. La ragione è semplice. The Voice Kids è stato pensato per essere proposto non in diretta. In Tv c’è, da sempre, la convinzione che la diretta migliori, se non la qualità, la riuscita di un programma. Si dice che gli artisti sono più attenti e concentrati, c’è un clima più sincero, bisogna rimediare agli imprevisti e questo crea pathos ecc. Tutte cose vere e verificabili nel momento in cui le riprese dello show siano fatte nella stessa modalità in un caso o nell’altro.

I ragazzi di The Voice Kids

Diverso è quando il programma viene realizzato con la consapevolezza che registrando è possibile accrescere, con interventi in post produzione, il ritmo, la meraviglia, la bellezza del programma stesso. Un esempio per rendere chiaro il concetto. Durante le esibizioni dei ragazzi a The Voice Kids si sentono i giudizi dei giudici che arricchiscono non poco il piacere dell’ascolto. In diretta sarebbe impossibile. La voce del giudice andrebbe a “sporcare” quella del concorrente mettendo anche a rischio la gara. Registrando, invece, si può fare e rende sia l’esibizione che la spettacolarità più gradevole e avvincente. Certo bisogna essere bravi a realizzarlo e riuscire a immaginarsi prima il risultato finale. A The Voice Kids hanno dimostrato di sapere come si fa.

Quattro finalisti poco ‘Kids’

Un’ultima osservazione, più generale, su questo genere di programma. I quattro finalisti, decisi dalla giuria, erano i più maturi e quindi i meno “kids” La frase più ripetuta nel momento della scelta definitiva è stata «scelgo X perché mi sembra il più pronto» Ma pronto per cosa? Credo che ci sia una risposta sola. Nel giro di un anno ciascuno dei quattro potrebbe entrare a X-Factor, o Amici. Cambierebbe categoria, per così dire o, se preferite, calcisticamente serie. E, magari, tra un paio d’anni, debuttare in Champions League, cioè arrivare sul palco dell’Ariston. Ormai, che ci piaccia o no, è questa la trafila che deve compiere chi voglia sfondare nel mondo della musica.

Maratona Telethon compie 35 anni

Ieri era anche la giornata in cui, nei palinsesti Rai, il daytime pomeridiano è stato dedicato alla raccolta fondi per la fondazione Telethon. L’iniziativa è cominciata 35 anni fa ed è dedicata a finanziare la ricerca per guarire rare malattie genetiche infantili. In tutto questo tempo grazie ai soldi raccolti l’Italia è diventato un centro di avanguardia per la cura di queste patologie. Bambini da ogni parte del mondo vengono nel nostro paese con la speranza, spesso soddisfatta, di ottenere, quando non una guarigione definitiva, un percorso terapeutico che gli consenta di condurre una vita normale. Qualunque cosa si faccia per consolidare e aiutare la crescita di questa iniziativa è lodevole. Proprio per questo allora giudicare la riuscita o l’efficacia dei segmenti televisivi che la Rai ha deciso di dedicare a questo scopo può essere utile in prospettiva, ci auguriamo, di altri 35 anni di impegno.

Maratona Telethon i tre conduttori

Televisivamente il testimone se lo sono passati Tiberio Timperi su Raiuno, Arianna Ciampoli su Raitre e, infine, Andrea Delogu, su Raidue con una programmazione partita alle 14 e chiusa alle 18. A fare da fil rouge a tutti i segmenti il grande Paolo Belli con la sua band da molti anni testimonial e sostenitore delle campagne della fondazione. La struttura dei segmenti era la medesima, come un solo programma diviso in tre. Storie di pazienti, testimonianze di donatori e vari soggetti, medici, aziende, istituzioni coinvolti nell’operazione. I tre momenti non sono interessanti da paragonare dal punto di vista degli ascolti, troppo diversi orari, spettatori e i canali coinvolti ma qualcosa si può dire sulle modalità di conduzione.

Timperi, l’istituzionale

Timperi è molto istituzionale, nulla da dire è il dopo pranzo di Raiuno giusto così. Arianna Ciampoli, invece, su Raitre esagera un po’. È una veterana di Telethon, nei primi anni 2000 ha co-condotto più di un’edizione. Forse per questo appare un po’ manierista. Fa la faccia di circostanza e drammatizza il tono di voce durante il racconto delle storie con gli ospiti. Non ce n’è bisogno. Sono già significative senza ingigantirne il livello emotivo. La vera rivelazione è Andrea Delogu è spontanea, sinceramente interessata ai racconti degli intervenuti che ascolta senza affettazione. Fa domande concrete sulla loro vita quotidiana ma senza condiscendenza e poi, vivaddio, durante gli appelli per le donazioni invece di dire “telefono fisso” che è diventata ormai un’espressione astratta dice «Il telefono vecchio» che certamente per il pubblico è più vero.

Quando lo scopo è importante ogni particolare conta

Anche qui, in coda, un’ulteriore riflessione di tipo un po’ più tecnico televisivo. Negli studi dedicati alla memoria di Fabrizio Frizzi dove si è svolta la maratona, le sedute per gli ospiti erano ricoperte di tessuto tartan rosso (ah i danni che la moda fa nelle menti degli scenografi!). L’ospite della prima storia su Raiuno indossava una camicia con lo stesso identico disegno della fodera delle poltrone. L’effetto era veramente straniante. Non è un’osservazione meramente estetica. Lo sguardo e l’attenzione era distolta dal cercare di capire dove cominciava la persona e dove la seduta distraendo dalla testimonianza. È possibile che la sartoria (sempre pronta a sostituire indumenti di ospiti e pubblico se sono di un colore sgradito al conduttore di turno) non abbia pensato a porre rimedio a una situazione così evidente? La passione e l’impegno per un’iniziativa così importante si evidenziano anche in particolari di questo tipo.