Anziano muore in una casa popolare. Per la bonifica dell’appartamento ci vogliono 7 mesi
Foto Il Tempo.it. Il reportage pubblicato oggi dal quotidiano online repubblica.it è di quelli che fanno accapponare la pelle. E dall’inchiesta giornalistica emergono un misto di incuria, lentezza burocratica e pressappochismo che fanno paura. La vicenda riguarda un appartamento delle case popolari gestite dal Comune nel quartiere di Tor Sapienza. Dove in pieno lockdown, il 25 marzo scorso è morto un uomo di 73 anni. L’anziano viveva solo, e per diversi giorno nessuno si era accorto di nulla. Erano stati proprio i vicini a chiamare le Forze dell’ordine, insospettiti dal fatto di non vedere più uscire il loro dirimpettaio. E anche dal cattivo odore che iniziava a filtrare sul pianerottolo dalla porta d’ingresso. Così era stato trovato il cadavere, in avanzato stato di decomposizione. Ovviamente rimosso dopo gli accertamenti della Polizia, e portato all’obitorio.
A quel punto, le chiavi erano state consegnate ai Vigili urbani. Che prontamente avevano sollecitato il competente dipartimento patrimonio del Campidoglio. Per procedere a una tempestiva sanificaziome, vista anche l’emergenza sanitaria in corso. E successivamente a una nuova assegnazione dell’alloggio. Ma qui la machina burocratica è andata in tilt. I giorni sono diventati settimane, poi mesi. Nonostante le telefonate degli altri inquilini. E il potenziale rischio per la loro salute. La bonifica urgente? Sarebbe stata effettuata solo sei mesi dopo. E adesso la commissione trasparenza è chiamata a far luce su questo bruttissimo episodio.
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Dal 25 marzo a settembre per la bonifica dell’appartamento della casa popolare dove era morto un anziano inquilino
Il decesso dell’inquilino risaliva addirittura al 25 marzo dello scorso anno. Ma nonostante le sollecitazioni dei vigili urbani e degli altri condomini, il dipartimento patrimonio di Roma Capitale sarebbe stato lentissimo nel prendere in consegna le chiavi dell’immobile. Un appartamento popolare a Tor Sapienza, da bonificare urgentemente e da riassegnare. Ad altre famiglie in attesa in graduatoria. Il primo sollecito dei caschi bianchi risalirebbe al 26 marzo. Data nella quale la Polizia locale si era messa a disposizione dei competenti uffici comunali. Per aprire la casa, effettuare la bonifica e restituire le chiavi. Nessuna risposta. Fino all’11 maggio, quando finalmente secondo quanto riporta repubblica.it un funzionario si sarebbe fatto vivo. Tramite mail. Rispondendo semplicemente che per via dello ‘smart working’ non si svolgevano servizi esterni. E che comunque gli sgomberi erano bloccati fino al 1 settembre. Peccato che in questo caso però l’inquilino fosse morto. E che nessuno per mesi abbia messo in sicurezza igienico sanitaria il relativo appartamento. Fino al 27 maggio, data in cui finalmente l’ufficio comunale accetta le chiavi. Ma per la bonifica come detto bisognerà aspettare fino a settembre.
Adesso il presidente della commissione trasparenza in Campidoglio Marco Palumbo promette battaglia. “E’ un fatto gravissimo – ha dichiarato lo stesso consigliere comunale a Repubblica. Ora è necessario verificare se siano accaduti altri episodi analoghi. E se necessario, convocheremo una commissione trasparenza ad hoc”. Certo, ma intanto per sei mesi quell’appartamento e’ rimasto chiuso e maleodorante come in un film dell’horror. Inaccettabile, anche in piena emergenza covid. Per una amministrazione della Capitale che sia davvero degna di questo nome.