Ardea, i cittadini si mobilitano per il Capanno Manzù: “Il Comune dorme, lo ristrutturiamo noi”

Capanno Manzù

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È una ferita per tanti ardiesi. Vedere quel capanno abbandonato e annerito dalle fiamme e conoscerne la storia fa male. Il “Capanno Manzù”, a Tor San Lorenzo, è abbandonato, simbolo di quell’incuria e trascuratezza che trasuda in molti aspetti di Ardea. Ma ora i cittadini, ancora una volta, vorrebbero provare a ridare vita a questa struttura, dove il grande Mastro amava stare per ore e ore a trovare l’ispirazione per le sue opere.

Giacomo Manzù amava Ardea. E amava il suo mare. Per questo, oltre alla casa che aveva e che ora è stata trasformata in museo, aveva scelto questo capanno per trarre l’ispirazione giusta per le sue opere.

I cittadini: “Lo ristrutturiamo noi”

Se c’è una cosa che Ardea non ha mai smesso di offrire, è proprio lo slancio dei suoi cittadini. Eppure, di fronte al Capanno Manzù, ridotto a un rudere nero per l’ultimo incendio del 2016, il Comune sembra essersi arreso a un silenzio assordante. Così mentre i volontari aprono gruppi su WhatsApp per organizzarsi, Palazzo Chigi… ehm, il Municipio, rimane in panchina.

Dopo anni di segnalazioni cadute nel vuoto, oggi a mobilitarsi non sono solo gli addetti ai lavori, ma architetti, muratori, giardinieri del buon senso. Attraverso gruppi social, sono decine i volontari che hanno promesso di rimettere a nuovo il guscio in muratura, regolarmente concesso sul demanio tra Tor San Lorenzo e Lido dei Pini, dove lo scultore amava rifugiarsi.

Cronistoria di un abbandono: il capanno dagli anni ’60 all’incendio

Costruito tra la fine degli anni ’40 e i primi ’60, il Capanno misurava circa 30 m². Ma, al suo interno, avvenivano magie, tra arte e natura. Giacomo Manzù, infatti, amava Ardea. E amava il suo mare. E si rifugiava nel capanno per trarre l’ispirazione giusta per le sue opere. Qui aveva anche vicini illustri, visto che altri personaggi avevano scelto lo stesso luogo per i loro capanni: Marcello MastroianniLuchino Visconti, Dino Risi Alberto Sordi. E qui sono state girate scene cult di film importanti.

Poi, con la morte di Manzù, l’abbandono. E, nel marzo 2016, un incendio, che ha lasciato il capanno – già in degrado – annerito e pericolante: una voragine all’ingresso, tetto da impermeabilizzare e infissi da sostituire.

Gli appelli al Comune

Più volte, nel corso degli anni, le varie associazioni cittadine si sono rivolte al Comune, chiedendo interventi per ristrutturare il Capanno e riportarlo all’antico splendore. Ma, malgrado il succedersi delle varie amministrazioni, niente è stato fatto.

Due anni dopo l’incendio, nel marzo del 2018, i rappresentati dell’associazione “Città insieme” hanno segnalato all’amministrazione comunale per l’ennesima volta lo stato di abbandono del “Capanno Manzù”, oltre allo sprofondamento del piano stradale di quella che era stata soprannominata la “strada scomparsa”, che conduce proprio nei pressi del capanno. Le richieste di intervento al Comune si sono susseguite nel tempo, per valorizzare una struttura che avrebbe potuto diventare un’attrazione turistica, oltre che un valore aggiunto, sia storico che artistico, per il territorio.

E ora, visto che il Comune non dà segni di vita, i cittadini hanno deciso di offrirsi volontari per ristrutturarlo. “Ci pensiamo noi”, hanno affermato diversi volontari. Dai manovali agli architetti, sono già in parecchi che, attraverso i social, si sono uniti con la volontà di ridare vita al capanno che ha visto il Maestro ideare i suoi capolavori.

Manca però il benestare dell’amministrazione. Perché tra il dire e il fare, c’è di mezzo la burocrazia.

Chi era Giacomo Manzù

Giacomo Manzù, alias Giacomo Manzoni (Bergamo, 22 dicembre 1908 – Roma, 17 gennaio 1991), è considerato uno dei più grandi scultori italiani del Novecento. Docente a Brera e all’Accademia Albertina, è celebre per le Porte della Mortenella Basilica di San Pietro (1964) e per la serie dei Cardinali, un ritratto non convenzionale del potere ecclesiastico.

Alla fine, non è questione di fondi o di permessi: è la voglia di non far morire la memoria di un luogo e di un Maestro. Se il Comune continua a giocare a rimpiattino con il restauro, gli ardiesi hanno già scelto da che parte stare: dalla parte del Capanno Manzù, della storia e del mare.

Capanno Manzù
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