Aspettava la casa popolare da 16 anni. Ma è morta a 93 anni in un centro di accoglienza

La storia di Ghidei è una di quelle che ci fanno capire quanto la vita possa essere difficile. E alle volte, particolarmente ingiusta. Questa donna coraggiosa, nata in Eritrea, viveva da moltissimi anni a Roma con sua nipote. Fino a che nel 2005, non riuscendo a vedersi assegnato un alloggio regolare, aveva partecipato a una occupazione promossa dai comitati per la casa. Che avevano preso possesso degli appartamenti di un immobile ex Inpdap. Ormai disabitato da tempo. Un esperimento poi istituzionalizzato, anche per la mediazione dell’allora Presidente del Municipio X Sandro Medici. Con la creazione di un vero e proprio Caat, centro per l’emergenza abitativa temporanea. In attesa che gli aventi diritto, si vedessero assegnata una casa popolare. Un sogno che per la signora Ghidei, già 77 enne all’epoca dell’occupazione, sembrava finalmente realizzarsi nel 2018. Quando il 12 ottobre, una lettera del dipartimento politiche abitative comunicava l’assegnazione all’anziana signora, ormai 90 enne, di un alloggio di 55 metri quadri a Torrevecchia. Nel quale potere andare con sua nipote, che intanto aveva avuto una figlia. Ma da allora, le chiavi non si sono viste. E la donna è morta il 31 dicembre 2021, senza la gioia di poter aprire la porta di casa sua. Non solo, oltre al danno anche la beffa. Perché ora anche la nipote e le sue figlie, nel frattempo diventate due, rischiano di doversene andare dal centro di accoglienza di Campo Farnia. Perché per 500 euro, il reddito annuo di Yergalem – questo il nome della donna – supera il tetto massimo per aver diritto all’assistenza alloggiativa.

Anche la nipote di Ghidei ora rischia di finire per strada con le sue due figlie

La signora Ghidei non è riuscita a coronare il suo sogno di vedersi assegnata la casa popolare. Ma adesso anche sua nipote di 42 anni, madre di due figlie e convivente con lei al Caat di Campo Farnia, rischia di finire per strada. Perché Yergalem e le sue figlie non possono più stare lì. Il 24 settembre 2020 il comune ha inviato una nuova lettera, stavolta portatrice di brutte notizie: “Il nucleo familiare non ha più i requisiti per godere del diritto di restare nel Caat”. Infatti secondo le verifiche fatte, Yergalem ha raggiunto un reddito superiore ai 18.000 euro, limite massimo per poter stare in un Caat. “Sulla carta l’ho superato di 500 euro – spiega la 42enne, nata ad Assab – ma per un Tfr che in realtà alla fine non ho percepito”. E da un anno e mezzo, quindi, non dorme tranquilla: “Non ho saputo più nulla, ma in ogni momento possono venire a dirci di andare via”. Così è partita una lettera, e una richiesta di incontro all’assessore Zevi. Firmata dal sindacato USB, che chiede un incontro urgente. Per dare una svolta positiva a tutta questa annosa vicenda.