Asta ATAC deserta, e il concordato è sempre più a rischio
Nemmeno il tempo di salutare il cambio al vertice tra il vecchio amministratore unico Paolo Simioni e il nuovo presidente e AD Mottura che in ATAC già esplode una nuova grana. Stavolta relativa all’asta effettuata a fine maggio per la vendita all’incanto di sei immobili. E di tre terreni in parte edificabili tutti di proprietà dell’azienda capitolina dei trasporti. Una scelta fatta da ATAC per cercare di racimolare un po’ di soldi freschi. Fare cassa insomma per riuscire ad onorare il concordato fallimentare che di fatto è l’ultima spiaggia per l’azienda. Perchè se dovesse saltare stavolta non rimarrebbe che dichiarare fallimento. E con la bigliettazione quasi azzerata dal periodo del lockdown alla fine a via Prenestina hanno deciso di provare a vendere i gioiellò di famiglia. Ma purtroppo la prima asta è andata male. Perchè sarebbe stato aggiudicato solo un palazzetto d’epoca in viale Etiopia per un valore di circa 900 mila euro. Tutte le altre offerte infatti sono andate deserte. Comprese quelle relative alle ex rimesse di piazza Bainsizza e di Largo Ragusa. Che valgono circa ventisei milioni di euro. E la prestigiosa area di via Cardinal De Luca che potrebbe portare altri 8 milioni nelle casse esangui di ATAC.
In totale tra terreni e immobili sono stati battuti all’asta nove lotti per un valore complessivo stimato di 46 milioni di euro. Ma come detto ne è stato aggiudicato uno solo. E 45 milioni sono rimasti per ora bloccati e indisponibili per l’azienda.
ATAC vuole vendere i suoi gioielli di famiglia. Ma l’asta da 46 milioni di euro va praticamente deserta
Di fronte alla crisi economica che la attanaglia ATAC sta tentando di vendere all’asta i suoi gioielli di famiglia. Si tratta di ex rimesse come Largo Bainsizza o Piazza Ragusa. O di aree di pregio come quella di via Cardinal De Luca. Ma fanno parte dei lotti anche la ex rimessa metro di Garbatella e il complesso di Porta San Paolo. L’azienda capitolina dei trasporti ha nominato una società in funzione di advisor. Per stimare il tutto e collocare immobili e terreni sul mercato. Peccato che il primo tentativo espletato a fine maggio sia stato però poco più di un flop. Con un solo immobile venduto, a 900 mila euro. A fronte dei 46 milioni sperati. Forse la colpa è del covid, che ha rallentato anche le operazioni immobiliari. Oppure qualche speculatore sta aspettando già settembre. Quando sarà battuta un’altra asta, stavolta con il 25 per cento di ribasso. E allora i giochi si potrebbero davvero aprire in maniera diversa. Intanto però viene da chiedersi perché la stessa azienda dei trasporti non abbia pensato di valorizzare in house le sue strutture immobiliari. Magari coordinando dei progetti sociali con associazioni di quartiere e municipi. Visto che comunque si parla sempre di denaro pubblico. E di immobili di pregio che erano stato acquistati per garantire il patrimonio dell’azienda. A tutela dei lavoratori e dei cittadini contribuenti. Ora invece sembra che i soldi servano tutti e subito. E una volta venduto in autunno magari sottocosto ATAC sarà completamente nuda. Di fronte alle sue responsabilità e al concordato sottoscritto al Tribunale fallimentare. E un secondo salvataggio a quel punto sarebbe tecnicamente semplicemente impossibile.
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