ATAC, Simioni se ne va. Restano i debiti e i ritardi
L’amministratore unico di ATAC Paolo Simioni ha annunciato le sue dimissioni. E allora ci sarà un nuovo cambio al vertice di una delle più importanti aziende partecipate dal Campidoglio. Quella che dovrebbe dare ai cittadini romani un trasporto pubblico degno di questo nome. E assicurare mobilità e accessibilità a tutti. Compito ben lontano dall’essere stato raggiunto, almeno stando agli indicatori disponibili. Quelli che ogni anno l’Agenzia per il controllo della qualità nei servizi pubblici locali illustra in una apposita sessione in Campidoglio. E che vedono tristemente agli ultimi posti proprio il decoro urbano e la mobilità cittadina. Ampiamente sotto il livello della sufficienza. Simioni non lascia per contrasti con la Raggi o per un gesto nobile, ma perchè va a fare di meglio. Nel valzer delle nomine governative decise in piena emergenza covid infatti il manager in quota Cinque Stelle ha trovato il suo momento di gloria. Ed è stato selezionato per ricoprire la carica di numero uno dell’ENAV. Il ricco e potente Ente pubblico per l’assistenza al volo. Certamente meno turbolento di ATAC, nonostante si occupi di problemi in alta quota. E ovviamente meglio pagato.
Siamo contenti per Simioni, meno per i cittadini romani. Perchè ancora una volta il trasporto pubblico cittadino si trova decapitato nei suoi vertici. In un momento di emergenza nel quale scelte strategiche e strategie immediate non possono aspettare.
ATAC, si dimette l’Amministratore unico Simioni. Ora la palla ritorna alla Raggi e si apre il valzer del totonomine
L’Amministratore unico di ATAC Paolo Simioni si è dimesso. E si apre il totonomine per il futuro vertice dell’azienda capitolina dei trasporti. All’inizio era circolato il nome del city manager di Roma Capitale Giampaoletti, molto vicino alla sindaca Raggi. Che lo ha voluto in questo ruolo nel 2017, omaggiandolo con uno stipendio di 170 mila euro all’anno. Non male di questi tempi. Giampaoletti poi ha avuto anche qualche inciampo, come i rapporti con il famoso mister Wolf finito indagato nel pasticciaccio AMA. Forse anche per questo la sua candidatura alla guida dell’ATAC alla fine è saltata. E in pole ci sarebbe ora Giovanni Mottura, dottore commercialista già liquidatore di Roma Metropolitane. Certo, un liquidatore all’ATAC non lascerebbe molto tranquilli i dipendenti e i sindacati non c’è che dire. Ma al di là della persona che la Raggi vorrà scegliere, sono le strategie quelle che sembrano mancare. A cominciare dal recupero dei mancati incassi della bigliettazione. Scesi drammaticamente nel periodo del look down. E da un concordato fallimentare da onorare ad ogni costo. Pena il fallimento dell’azienda. Un compito davvero difficile, a meno di un anno dal voto. Ecco perchè forse la scelta è ricaduta su chi già è al servizio dell’amministrazione. E magari non poteva dire di no.
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Le spine del trasporto pubblico tra rischio fallimento e flotta da rinnovare. E i sindacati sono sul piede di guerra
Cambiano i vertici di ATAC ma i problemi come sempre restano tutti su tavolo. A cominciare dal debito enorme dell’azienda, che ha portato il comune a dover aderire a un concordato in tribunale per evitarne il fallimento. La Raggi si è vantata di aver portato in pareggio l’ultimo bilancio aziendale, ma in realtà gli investimenti sono fermi. Oltre 800 autobus della vecchia flotta sarebbero accatastati nelle rimesse in attesa di manutenzione. E per arrivare ai famosi duemila mezzi disponibili su strada si è ancora una volta chiesto aiuto al privato. Almeno fino al 31 luglio, in piena emergenza. Per un costo dell’operazione che sarebbe superiore ai due milioni e mezzo di euro. Anche la bigliettazione ha avuto una flessione importante, e le entrate ora sono ridotte al lumicino. Con la scadenza della cassa integrazione straordinaria ci potrebbero esser problemi anche per il pagamento dei dipendenti, e alcuni amministrativi sono già stati messi a disposizione. Che in termini aziendali può significare l’anticamera al licenziamento. Con i sindacati che sarebbero sul piede di guerra. In tutto questo, la sindaca dovrà anche decidere se aprire o meno al Partito democratico. Che rivendicherebbe dei posti in consiglio di amministrazione. Alla faccia del contenimento dei costi. Oppure insistere con l’Amministratore unico. E il dubbio sorge spontaneo. In prossimità della campagna elettorale le scelte saranno solo dettate solo dalla buona amministrazione o influiranno anche le future alleanze politiche cittadine? Lo sapremo tra poco, e intanto i Romani continuano a rimanere al palo. Della fermata, aspettando il bus che non arriva.
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