Autodemolitori, adesso Comune e Regione hanno fretta di spostarli fuori dal Raccordo
Adesso Comune e Regione hanno fretta di spostare gli autodemolitori dalla Palmiro Togliatti oltre il Raccordo anulare. Perché dopo il gigantesco incendio dell’altro giorno, e la nube carica di diossina che si è vista per tutta la città, nessuno può più permettersi di aspettare. Anche perché il primo piano di delocalizzazione risale addirittura al 1997, mentre la direttiva europea è del 2000. Quella che impone di sistemare questo tipo di attività in zone specifiche, lontane da siti sensibili e dal centro abitato. Direttiva recepita dall’Italia fin dal 2003, ma almeno a Roma rimasta lettera morta. Così forse già venerdì prossimo, si vedranno gli assessorati all’ambiente del Campidoglio e di via Cristoforo Colombo. Per trovare una soluzione condivisa. Anche se la recente sentenza del 2021 della Cassazione, lascia poco spazio ai dubbi. Le aree vanno indicate dal Comune, così come le procedure per delocalizzare. Mentre la Regione deve dare gli indirizzi.
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Le nuove ipotesi delle aree dove trasferire gli autodemolitori. La patata bollente è del Campidoglio
Si riparte quindi dal vecchio tavolo interistituzionale attivato nel lontano 1997 e mai arrivato alla delocalizzazione. Che la stessa Europa con una direttiva del 2000, recepita in Italia da un decreto legislativo del 2003, ha imposto. La competenza per quanto riguarda l’individuazione delle aree e l’iter da avviare per il trasferimento delle attività è del Comune, su indirizzo regionale. Come accertato da una sentenza della Corte di Cassazione del 2021. Certo, buona parte delle aree del ’97 non sono più disponibili. Con ogni probabilità si ripartirà con una valutazione di quelle individuate dalla scorsa amministrazione, tramite un’analisi effettuata dai dipartimenti capitolini competenti. Parliamo di terreni a Santa Palomba, Ponte Galeria (via della Chiesuola), Settecamini (via di Casal Bianco) e Torre Spaccata. Ma la procedura è tutta da scrivere. Così come non è scontato il nulla osta di Municipi e territori. E degli stessi operatori. Così il rischio è che si faccia ancora una volta un buco nell’acqua.