Benedetta Tv-il ritorno di Stefano De Martino da Maria De Filippi fa volare c’è Posta er Te e a nessuno sembra importare dell’anniversario di Rigopiano

Stefano de Martino

Ieri sera Affari Tuoi, ha ottenuto il 30.9% di share raccogliendo quasi sei milioni di telespettatori. Sta accadendo spesso ultimamente, da quando Amadeus ha abbandonato la fascia access prime time del 9. È vero faceva pochi ascolti, ma di più di quanti ne ottienga oggi Paolo Conticini con Cash or Trash e, comunque, non aveva mai consentito a Stefano De Martino di arrivare e superare la soglia del 30%. Il programma dei “pacchi” è terminato alle 21.30 in punto, ma i fan del conduttore partenopeo hanno potuto continuare a seguirlo spostandosi su Canale5 dove proprio a quell’ora stava entrando negli studi di C’è Posta Per Te, mano nella mano di Maria De Filippi. Anche grazie a questo il programma ha stravinto la serata con il 31.3%.

L’ufficialità della Pax Televisiva

Alla vigilia di una ben più importante tregua che dovrebbe da oggi mettere fine a 15 mesi di morte e distruzione l’incontro tra De Martino e De Filippi, suona un po’ come la dichiarazione ufficiale di pace tra i due maggiori soggetti televisivi del nostro paese. Il conduttore Rai più di successo del momento va ad aprire la serata della “regina” del palinsesto Mediaset. Il fatto poi che De Martino, televisivamente, sia nato ad Amici la dice lunga della centralità della De Filippi nella storia della tv italiana degli ultimi decenni. Difficile trovare un altro significato alla partecipazione di ieri. La storia a cui De Martino ha partecipato era la più pretestuosa tra tutte quelle che hanno composto la puntata. Due giovani fratelli pugliesi che vogliono ringraziare mamma e nonna di come li hanno cresciuti. Nessuna tensione o dubbi sul fatto che la busta verrà aperta. Ottima occasione invece per ribadire ancora una volta quanto sia stata importante nell’infanzia di De Martino nonna Elena. C’è chi già stamattina annuncia polemiche per questa partecipazione da parte della Rai. Non credo proprio. A quel che mi risulta quando un personaggio di spicco, sotto contratto Rai, chiede di andare ospite in un programma di un canale concorrente, necessita di un’autorizzazione speciale firmata dal Direttore Generale. Ritengo impossibile che questa procedura possa essere stata aggirata, soprattutto in questo caso.

E poi il silenzio. Un silenzio assordante quello che ha accolto il documentario sul disastro di Rigopiano

Ieri ricorreva anche l’ottavo anniversario della valanga che distrusse un albergo e 29 vite umane a Rigopiano sul Gran Sasso. Tv8 ha proposto E poi il silenzio un bellissimo documentario firmato dal giornalista ed ex Iena Pablo Trincia. Pochissimi l’hanno seguito e ha totalizzato l’1.5%. Peccato perché è un prodotto formidabile e anche emotivamente coinvolgente. È un’indagine puntuale su quanto successo il 18 gennaio del 2017. Una verifica precisa dei fatti volta a individuare cosa davvero sia accaduto quel pomeriggio e le responsabilità di decisioni scellerate in tema di sicurezza che risalgono addirittura ai primi anni 90. Ma anche di scelte sbagliate prese nei momenti subito successivi alla tragedia. Uno dei momenti più agghiaccianti del documentario è quando vengono fatte ascoltare le telefonate al pronto intervento fatte da uno dei pochi sopravvissuti, salvatosi miracolosamente perché nel momento dell’impatto della valanga era uscito dall’albergo per recuperare dei medicinali lasciati in automobile. Viene preso per un mitomane, perché secondo il centralino, due ore prima avevano parlato con il direttore dell’hotel ed era tutto tranquillo. Questa incredibile negligenza ha ritardato di ore la messa in moto della macchina dei soccorsi. Il documentario di Pablo Trincia mostra cosa significhi il fact checking e quanta cura e competenza ci voglia per realizzarlo.

Marco Travaglio e il mestiere del giornalista

Di fact checking si parlava ieri sera anche ad Accordi & Disaccordi sul 9. Il tema è tornato d’attualità dopo la decisione di Mark Zuckerberg, il papà di Facebook di eliminare la verifica sulla veridicità delle notizie pubblicate sul suo social network. È una storia complicata che ha a che fare con un riavvicinamento di Meta, la società di Zuckerberg alla nuova amministrazione Trump e sulla capacità degli algoritmi di valutare correttamente i contenuti di post. Marco Travaglio ne ha fatto il tema del suo “editoriale”, momento centrale del programma. La conclusione è stata che la verifica della verità dei fatti non va affidata agli algoritmi o ai giornali (o giornaloni come ama definirli Travaglio) ma ai lettori cioè a ciascuno di noi. Se sugli algoritmi mi trova d’accordo, dissento profondamente per quanto riguarda i giornali. Anche perché altrimenti quale sarebbe il ruolo del giornalista? Propaganda? A tal proposti proporrei al direttore del Fatto Quotidiano di andarsi a rivedere Quinto Potere, indimenticabile film di Sidney Lumet sull’argomento e, ancor di più, la prima puntata della serie The News Room (la si può trovare su Prime Video). Il monologo dell’anchorman protagonista della serie interpretato da Jeff Daniels è diventato virale sui social e spiega meglio di chiunque cosa sia il mestiere del giornalista e che importanza abbia per la crescita di un paese democratico.