Benedetta TV – The Voice Kids: le ragioni di un successo

Ieri sera l’assoluta protagonista è stata Raiuno: Antonella Clerici con il suo talent dedicato ai giovanissimi ha raggiunto, con 3 milioni e 700 mila spettatori, il 23.8% guadagnando due punti e mezzo rispetto alle due puntate precedenti e quasi doppiando Canale 5 che con la fiction Il Patriarca si ferma al 12.8%. Cerchiamo allora di capire perché The Voice Kids continua a funzionare. C’è da premettere che bisogna superare l’atmosfera zuccherosa che fin dall’inizio la conduttrice impone al programma e che alcuni potrebbero trovare respingente ma, fatto questo piccolo passo si capisce che il fattore principale che rende piacevole assistere a una puntata del programma si può riassumere con una parola: equilibrio
L’equilibrio contro la paura della diversità
L’equilibrio è un valore troppo spesso sottovalutato di questi tempi e si ottiene non abbassando e smussando gli angoli troppo spigolosi, quella è la moderazione che spesso ha come risultato la mediocrità. L’equilibrio consiste nel mettere insieme ingredienti che, se lasciati soli, possono risultare stucchevoli, mentre, uniti ad altri, si bilanciano e portano al successo. È il segreto delle grandi orchestre o gruppi musicali o, ancor più delle squadre di calcio. The Voice Kids è ricco di equilibrio a partire dai quattro coach.

L’esuberanza guascona di Clementino (che a volte lo porta a sostituirsi alla Clerici nella conduzione scandendo gli snodi del programma, cosa per cui verrà richiamato alla fine della puntata) è temperata dalla “cazzimma” di Gigi D’Alessio che non risulta però mai offensivo proprio perché va a rintuzzare comportamenti esagerati. L’ipersensibilità di Arisa non scade mai nello sdilinquimento perché si scontra con il cinismo benevolo di Loredana Berté e la sua favolosa storia professionale (strepitoso l’aneddoto di quando preparava il cappuccino ad Andy Warhol). Anche i giovani concorrenti sembrano (e probabilmente lo sono) scelti proprio per la loro diversità e varietà di estrazione e provenienza.
The Voice Kids, il giusto mix
C’è di tutto, il ragazzino di Scampia e il figlio d’arte con mamma, papà e sorella appartenenti al mondo dello spettacolo. Il ragazzo con due padri e la ragazzina chierichetta con la mamma super chioccia. Il rapper dodicenne con una storia di tumore alle spalle (favoloso e coraggiosissimo interprete di Loose Yourself di Eminem e giustamente premiato da Celestino con l’accesso diretto in finale) e la ragazza bullizzata che ha trovato nel canto la strada per accettarsi. Ma non c’è mai morbosità nel racconto di queste storie, come invece troppo spesso accade e nessuna traccia di strumentalizzazione, anzi. Il ragazzo di Scampia e il figlio d’arte non vengono scelti perché, giustamente giudicati troppo acerbi. Sono storie di ragazzi raccontate bene, con equilibrio, che evidenziano la diversità reale di cui è composto il nostro paese.
Poi c’è lei Antonella, che con la sua spontaneità e forza comunicativa lega tutti questi racconti. Con alcune punte di diamante come quando, nel colloquio con la ragazza bullizzata che prelude all’esibizione, ha detto una cosa che da sola vale la visione della puntata: «vedi anch’io sono diversa, e se non fossi così sbagliata probabilmente non sarei qui questa sera a condurre il programma. Difendi la tua diversità, proteggila! Sarà la fonte del tuo successo». Un’ultima notazione sull’ottima regia del programma e sul montaggio sapiente che non fa mai calare il ritmo della trasmissione, perché anche questi aspetti contano tantissimo sul risultato finale.
Ore 14, la cronaca nera fatta bene
C’è un programma nel primo pomeriggio di Rai2 che ogni giorno fa ascolti notevoli ed emerge aumentando non poco l’ascolto che lo procede e, soprattutto seguente. È Ore 14 condotto da Milo Infante e anche ieri ha totalizzato il 9,2% con più si un milione di telespettatori. Si tratta di un bollettino sui casi più caldi di cronaca nera che, unico difetto rilevante del programma, non vengono presentati ma il conduttore ne fornisce gli aggiornamenti, dando per scontato che il pubblico colga immediatamente di che cosa si stia parlando. Detto questo in un mondo che ci ha abituati a basare i talk show sulle opinioni e sulla polarizzazione dei commenti, Milo Infante si attiene ai fatti, e offre sempre più di un punto di vista nel suo racconto.
È anche molto attento a stoppare i suoi ospiti quando deragliano dai commenti su posizioni ideologiche o non basate sulla loro specifica competenza: a un avvocato non permette interventi da criminologo e viceversa. Certamente l’età e la conseguente maturità (anche se non scontata) ha fatto bene al conduttore milanese e, anche se un po’ paradossale, trovare un giornalista che sa fare il suo mestiere è prezioso di questi tempi e anche il pubblico sembra apprezzare.
La 7 e 9: perché vi fate la guerra?
Torniamo per un momento al prime time. Ieri sera su LA7 e sul 9 sono andati in onda rispettivamente Propaganda Live e Fratelli di Crozza. Hanno ottenuto entrambi un buon risultato: 6.5% e 6.2% con un milione di telespettatori. Sono due trasmissioni satiriche, un genere quasi scomparso dai nostri palinsesti, che, presumibilmente si rivolgono a un pubblico, in gran parte, sovrapponibile. Proprio la rarità di questo tipo di programma permetterebbe alle emittenti che li trasmettono di identificare dei giorni e/o orari di messa in onda non coincidenti. È molto probabile che potrebbero raggiungere risultati migliori se si differenziassero. Non mi sembra un ragionamento particolarmente geniale eppure… I misteri della tv sono infiniti e meno male, altrimenti come faremmo a parlarne ogni giorno?