Benedetta Tv – Uno dei Festival di Sanremo più scuri degli ultimi anni

Benedetta Tv

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È andata. La prima puntata della settantacinquesima edizione del Festival di Sanremo è stata consumata. Ascolti record: una media di 12 milioni di telespettatori (con punte di 15) e il 65% di share. È ovvio che con questi risultati il resto delle reti abbia registrato ascolti ridicoli. Basti pensare che Canale 5 con Benvenuti al Sud si è fermato al 5.3% ed è il secondo miglior ascolto della serata. Cerchiamo allora di capire quanto e se le aspettative annunciate in questi giorni siano state rispettate o, piuttosto, disattese.

Carlo Conti: il mago della scaletta di Sanremo 2025

Carlo Conti si conferma il conduttore più sintetico della tv italiana. Riesce a contenere i 29 cantanti più gli ospiti intervenuti chiudendo la gara poco dopo l’una. C’è un però. Se riesci ad essere addirittura in anticipo rispetto alla scaletta che tu stesso hai stabilito significa che di contenuti ne hai prodotti davvero pochi.

La conduzione a tre: una scommessa vinta a metà

Al suo fianco Conti ha pervicacemente voluto per l’apertura del Festival due calibri da novanta: Gerry Scotti e Antonella Clerici. Ha insistito molto sulla conduzione “amicale”, però l’effetto è stato quello di avere troppi galli in un pollaio. Scotti e Clerici sono abituati a guidare e non hanno alcuna attitudine da “spalla”. Così spesso, soprattutto con Scotti, i momenti insieme si sono rivelati un po’ confusi, con i due personaggi che si sovrapponevano con le battute finché uno dei due non pronunciava la parola magica “prossimo cantante in gara”. Scotti, poi, con il procedere della serata, ha dato segni di stanchezza, se non insofferenza. Al punto che appena Conti ha annunciato il Dopo Festival se ne è andato dal palco senza attendere i saluti finali. Probabilmente pensando “Ma chi me l’ha fatto fare?”.

Antonella Clerici con Carlo Conti e Gerry Scotti
Carlo Conti con Antonella Clerici e Gerry Scotti a Sanremo 2025

Ma non dovevano non esserci monologhi?

Una delle scelte più dibattute fatte da Conti è stata quella di non volere monologhi moraleggianti dal palco dell’Ariston per non distrarre dalla musica. Eppure, ce ne sono stati e mica da niente. Il primo a “sorpresa” è stato quello di Papa Francesco. Probabilmente sarebbe stato più produttivo annunciarlo ma, visti i risultati, poco importa. Subito dopo, le cantanti Noa e Mira Awad prima di esibirsi insieme cantando Imagine hanno fatto un’introduzione a due, certo, che quindi tecnicamente non era un monologo ma ci assomigliava molto. Tra l’altro curioso che dopo l’intervento della massima autorità religiosa del cristianesimo sia stata scelta una canzone che inneggia a un mondo senza religioni, ma tant’è. Il fatto poi di avere iniziato l’esibizione con una strofa cantata in arabo ed ebraico con nuove parole ha dato al tutto un’atmosfera un po’ cringe degna di Bella Ma’, piuttosto che del palco dell’Ariston.

Stessa tecnica di mascherare un monologo da duetto qualche tempo più tardi con Jovanotti e Jimbo Timberi. Ma allora non era meglio far finta di niente su sta faccenda dei monologhi? Perché adesso suona molto di “excusatio non petita”.

Un Festival dominato dall’oscurità

Permettetemi un piccolo rilievo su scenografia e luci. Faccio fatica a ricordare un Festival così cupo e monotonico. Tutto è nero, al massimo blu scuro con elementi freddi e metallici come l’oro e l’argento. Conti e Scotti spesso si “impastano” sullo sfondo indistinguibile dai loro abiti. Solo con la discesa di Rose Villain, splendidamente avvolta in un vestito rosso di Fendi, si capisce che sul palco dell’Ariston anche i colori sono ammessi. È talmente evidente questo buio diffuso che ad un certo punto Conti stesso chiede di illuminare un po’ di più il pubblico perché il figlio gli aveva mandato un messaggio che non era riuscito a vedere la madre seduta in prima fila. Già che ci siamo un accenno anche alla regia. Maurizio Pagnussat non è un musicista e si vede, gli stacchi a tempo sono casuali come l’ora esatta espressa da un orologio rotto. Speriamo migliori o si faccia aiutare da un bravo assistente musicale.

Le canzoni e… tutto il resto

Delle canzoni parleremo meglio nei prossimi giorni. Certo l’impressione di essere di fronte a variazioni su un unico tema, a parte qualche rara eccezione, è molto forte. Per ora sottolineo solo l’esibizione più spiazzante, ossia quella di Tony Effe. Tra l’essere l’odiato simbolo del maschilismo e la versione 2025 di Nino Manfredi con Tanto pe’ canta’ – ah no il pezzo si intitola Damme ‘Na Mano – c’erano milioni di possibilità di proporsi in una nuova veste. Per il Dopo Festival, che a una prima occhiata sembra molto più divertente del programma ammiraglio, rimandiamo a domani.