Bocciato al senato il taglio del canone Rai da 90 a 70 euro

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Il mancato taglio del canone Rai da 90 a 70 euro, proposto dalla Lega e bocciato in Commissione Bilancio al Senato, avrà un impatto significativo sulle famiglie italiane. Secondo le stime del Codacons, la spesa complessiva per il canone aumenterà di circa 430 milioni di euro all’anno dal 2025, con un peso maggiore sulle tasche dei cittadini.

Novanta euro annui addebitati direttamente nella bolletta elettrica

Il canone Rai, obbligatorio per chi possiede un apparecchio televisivo, è attualmente fissato a 90 euro annui e viene addebitato direttamente nella bolletta elettrica per le utenze domestiche residenziali.
Dal 2016, con la riforma che ha introdotto il pagamento tramite bolletta, si presume la detenzione di un apparecchio TV per chi ha un’utenza elettrica residenziale.

Gli introiti annuali del canone ammontano a circa 1,9 miliardi di euro, una cifra significativa per il finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo.

Impatto del mancato taglio

Il Codacons evidenzia che l’abolizione della riduzione avrebbe generato un risparmio significativo per le famiglie, stimato tra 420 e 430 milioni di euro annui. Questa somma rappresenta il differenziale tra l’attuale importo di 90 euro e l’ipotetico canone ridotto a 70 euro.

La posizione del Codacons

Il presidente dell’associazione, Carlo Rienzi, ha avanzato una proposta più radicale: l’abolizione totale del canone Rai. Rienzi sottolinea che il mercato televisivo italiano è ormai cambiato, con la Rai che potrebbe competere ad armi pari con gli altri operatori grazie alla raccolta pubblicitaria, senza pesare direttamente sui cittadini. Secondo il Codacons, questa riforma sarebbe più adeguata al contesto attuale, segnato dall’ascesa di piattaforme digitali e streaming.

Prossimi scenari

La bocciatura dell’emendamento implica che il canone rimarrà invariato a 90 euro per il momento, con una prospettiva di ulteriore stabilità nei prossimi anni. Tuttavia, la proposta di abolizione totale potrebbe riaccendere il dibattito politico e sociale, spingendo per una revisione del modello di finanziamento del servizio pubblico televisivo.