Burocrazia anti-tampone: così fanno impazzire i medici di famiglia

Burocrazia

Nella regione Lazio tampone con burocrazia. Lo denuncia Giancarlo Righini, consigliere di Fratelli d’Italia alla Pisana. Quello che sta diventando una specie di oggetto di desiderio per una popolazione che non vuole incappare nel coronavirus pare che si possa ottenere solo dopo una specie di corsa ad ostacoli.

La denuncia di Righini (FdI)

La denuncia è precisa. Dice Righini: “L’autorizzazione regionale è arrivata ma è una beffa per i medici di base, che chiedevano da settimane inascoltati, di poter prescrivere il Tampone per i loro assistiti in sospetto di aver contratto il Covid 19”.

A quanto pare c’è un accanimento burocratico che ha pochi precedenti. Lo svela proprio Righini. “Nella procedura adottata non c’è traccia di semplificazione. Ai medici di famiglia tocca compilare un modulo da 5 fogli pieno di domande inutili, da stampare, firmare ed inviare alla Asl per e.mail”. E poi che succede? “Poi bisogn attendere l’approvazione di due uffici diversi. Solo dopo di ciò si pensa a programmare il tampone”.

Ostaggi della burocrazia

Sembra un film, ma per l’esponente del partito della Meloni, “evidentemente la sanità del Lazio non ne vuole sapere di estendere l’assistenza domiciliare, né sembra capire che un tampone richiesto dal medico di base valga molto, perché può scongiurare il ricovero in ospedale e il ricorso alla terapia intensiva, sia per il bene dei pazienti, che per alleggerire il lavoro degli ospedalieri”.

“Durante tutta la crisi Covid19 – è la conclusione amara di Righini – la giunta Zingaretti non è mai stata in grado di rispondere in tempi rapidi e con provvedimenti efficaci, come l’emergenza sanitaria ed economica richiedeva”.