Capocotta, i nudisti traslocano: 25 società si contendono l’oasi naturale e i 2 chioschi sulla spiaggia
È destinato a cambiare il futuro dell’oasi naturale di Capocotta, situata sul territorio del Comune di Roma, proprio al confine con Pomezia, celebre per le sue spiagge libere immerse nella riserva naturale del litorale romano. Il 30 dicembre scorso sono scaduti i termini imposti da Roma Capitale per la liberazione dell’area, segnando la fine di un’epoca per questa destinazione divenuta il simbolo del nudismo.
Capocotta, i nudisti verso il trasloco
Secondo il Comune di Roma, i due concessionari storici dei chioschi non dispongono della documentazione necessaria per continuare l’attività. In particolare, mancherebbero i nulla osta relativi alla costruzione delle strutture risalenti al 1999. I gestori contestano la decisione, affermando di aver presentato tutta la documentazione richiesta, giudicata però non valida dagli stessi funzionari comunali.
25 società interessate ai due ‘nuovi’ chioschi
Nel frattempo, la gara per l’assegnazione dei nuovi chioschi ha attirato l’interesse di ben 25 tra società e privati. La procedura, avviata a dicembre, riguarda due aree chiave della spiaggia: quella occupata dall’ex Mecs Village, distrutto da un incendio meno di un anno fa, e l’ex Settimo Cielo, danneggiato dalle mareggiate.
Le concessioni, della durata di sei anni rinnovabili, prevedono la costruzione di nuove strutture in legno. Ogni chiosco occuperà una superficie di circa 80 metri quadrati, comprendendo bar, cucina, magazzino, infermeria, cinque bagni (uno per persone con disabilità) e un locale privato. Verranno inoltre realizzati spazi scoperti di oltre 30 metri quadrati con patio annesso. Il costo massimo stimato per la realizzazione è di circa 172 mila euro per ciascuna struttura, con un canone annuo di partenza di oltre 32 mila euro.
Il Laboratorio di Urbanistica alza la voce su Capocotta e sul Comune di Roma
Nonostante la volontà di Roma Capitale di riorganizzare l’area, le polemiche non si placano. Labur, il Laboratorio di urbanistica, ha presentato un esposto alla Capitaneria di Porto, denunciando l’occupazione senza titolo del demanio marittimo da parte del Comune. L’organizzazione accusa il Campidoglio di trasformare la spiaggia libera in una serie di piccoli stabilimenti balneari senza concessione marittima.
Al centro della contestazione vi sarebbe la mancata rappresentazione della linea demaniale Sid nelle planimetrie del bando comunale. Secondo Labur, l’assenza di questa delimitazione solleverebbe gravi dubbi sulla regolarità della procedura. L’associazione chiede pertanto l’annullamento in autotutela dei bandi, sostenendo che la gestione attuale compromette la natura libera dell’area, trasformandola in uno spazio privatizzato.
La battaglia per la gestione del litorale romano resta aperta, tra visioni contrastanti sulla valorizzazione di uno dei luoghi più caratteristici del litorale laziale. La notizia è stata riportata dal quotidiano Il Messaggero.