Casa degli orrori ad Ardea, il processo contro Maricetta Tirrito: ecco la testimonianza di Gigliola
Prosegue, presso la Corte d’Assise del Tribunale di Frosinone, il processo che vede imputata Maricetta Tirrito e altre tre persone. L’udienza di oggi, fissata alle 9:30, ha una testimone “particolare”: Gigliola Iannuzzi. Lei infatti non racconta di episodi riferiti ad altre persone, ma quanto successo a sé stessa e a sua sorella Rosa nel periodo trascorso nelle co-housing gestite dalla Tirrito.
Ma la Gigliola che oggi varca le porte del Tribunale è una donna completamente diversa rispetto a quella che, nel gennaio del 2023, era stata trovata in uno stato pietoso dai carabinieri e dai sanitari del 118. Piena di piaghe, ormai quasi completamente cieca, impossibilitata a camminare, terrorizzata. Adesso grazie a un intervento ha riacquistato la vista, riesce a camminare anche se utilizzando un bastone, le piaghe sono guarite e, cosa più importante, non ha più paura, grazie alle persone che le sono state accanto in questo anno e mezzo, Loredana e Roberto.
Il calvario di Rosa e Gigliola Iannuzzi
Oggi in Tribunale Gigliola davanti ai giurati e al Presidente Ruscito ha raccontato il calvario suo e della sorella Rosa. Ha risposto alle domande del Pm Ambrogio Cassiani, ma anche a quelle – incalzanti e che avrebbero voluto metterla in difficoltà – degli avvocati della difesa. Ma lei era tranquilla, sapendo di raccontare la verità. Ricordando del dolore che ha passato. Sia lei che sua sorella. “Mia sorella purtroppo è stata meno fortunata di me. Lei ora non c’è più”. Rosa, secondo il racconto della sorella, non veniva assistita correttamente. Uscita dall’ospedale dopo una brutta broncopolmonite, la donna era stata inizialmente sistemata in una brandina dove arrivavano degli spifferi gelidi. “Solo dopo le mie ripetute insistenze è stata spostata”, spiega Gigliola. Ma Rosa, allettata, non veniva nemmeno pulita bene. “Una volta era rimasta nella sua urina tutta la notte. E aveva le piaghe da decubito”.
Ma oltre a questo, a Rosa viene un blocco renale, che la porta alla morte. E qui iniziano i problemi per Gigliola, che viene buttata fuori dalla stanza e messa a dormire dietro alla porta d’ingresso, al primo piano. “Serviva per altri ospiti. Ma io morivo di freddo, perché la porta veniva aperta in continuazione”.
Nel divano letto tra l’urina di un’altra ‘paziente’
Dopo tante rimostranze, Gigliola viene spostata nel divano letto del seminterrato, che doveva dividere con un’altra ospite. Ma la donna soffre di demenza senile e necessita del pannolone, solo che la notte se lo toglie. “Ero costretta a dormire nell’urina di questa signora“, racconta Gigliola. Tutto questo sempre pagando tutta la sua pensione, sin dal giorno della sua entrata nella co-housing. “Fino a quando c’era mia sorella, pagavamo mille euro al mese a testa. Poi, dopo la sua morte, a me hanno dato il reddito di cittadinanza. Davo tutto a loro, a me non restava neanche un centesimo”.
“Se chiedevo un euro per comprare qualcosa, mi dicevano che non c’erano soldi”, racconta Gigliola. Non ce n’erano neanche per le visite dall’oculista, di cui l’anziana avrebbe avuto bisogno, dal momento che la cataratta la stava rendendo cieca. E non c’erano neanche per le medicazioni, tanto che una ferita si infetta.
Cibo scarso, mai carne o pesce
Anche il cibo non era certo da grand hotel. “A colazione ci davano due fette biscottate e un po’ d’acqua. Solo ogni tanto un goccio di latte. A pranzo sempre la pasta, a cena polpette di pane. “Poi è venuto un signore di 90 anni che ha iniziato a coltivare le verdure. Abbiamo avuto allora la possibilità di mangiare anche melanzane e zucchine. Mai frutta: le uniche volte che c’era, era frutta destinata a essere buttata. Non abbiamo mai mangiato né carne, né pesce”.
Il blitz delle forze dell’ordine visto come l’arrivo degli eroi
“Quando ho visto arrivare i poliziotti sono stata felice. Io ero uscita da una settimana dall’ospedale. Ero caduta dalle scale. Precedentemente ero stata messa in quella che era la stanza più fredda della casa. Io, che vedevo pochissimo proprio perché non venivo portata dall’oculista, ho chiesto di non stare in quel posto, troppo pericoloso per me. Mi è stato risposto, testualmente: ‘Se non vuoi dormire lì dormirai sulla sedia’. Mi sono adattata, ma la notte di Natale, per andare al bagno sono caduta dalle scale, rovinandomi”.
Rientrando dall’ospedale, Gigliola viene rimessa nella stanzetta in condizioni pietose. E i carabinieri la trovano così: in stato di semi incoscienza, sporca, con piaghe ovunque. Viene portata in ospedale, dove rimane, tra due diversi nosocomi, 8 mesi. Poi la vera rinascita, in una vera casa per anziani, dove trova una ‘famiglia” grazie a Loredana e Roberto.
“Non ho più paura”
E ora Gigliola non ha più paura. Che si trovi bene in questa sua nuova vita lo ha raccontato anche al giudice, con grande entusiasmo. Avrebbe voluto dire di più, ma non era il tema della giornata e il giudice l’ha giustamente interrotta. “Ora ho fiducia nel futuro e nella giustizia. A gennaio dello scorso anno il commissario mi aveva chiesto: ‘Gigliola, tu vuoi vivere?’ e io ho risposto di sì. Adesso lo ribadisco, con tranquillità, perché dove vivo adesso ho trovato una famiglia”.
Maria Corrao e Mauro Delicato