Caso Sangiuliano-Boccia, la ‘telenovela’: dalla nomina dell’influencer alle dimissioni
Il caso che ha portato alle dimissioni del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha avuto inizio il 26 agosto, quando l’influencer Maria Rosaria Boccia ha pubblicato su Instagram un post in cui ringraziava per la sua presunta nomina a “consigliere del ministro per i Grandi eventi“. Da quel momento, la vicenda si è trasformata in una tempesta mediatica fatta di smentite, accuse reciproche e richieste di chiarimenti, culminate con le dimissioni del ministro.
La scintilla: il post Instagram di Boccia
Il post di Boccia, che mostrava una foto con Sangiuliano accompagnata da un ringraziamento per la nomina, ha suscitato subito scalpore. Giornalisti e politici hanno chiesto spiegazioni sulla reale posizione di Boccia all’interno del ministero della Cultura. Da lì, sono emerse foto precedenti e altre testimonianze che ritraevano l’influencer in contesti ministeriali, facendo ipotizzare un legame professionale più stretto di quanto dichiarato inizialmente.
La smentita del ministero
Di fronte all’attenzione crescente, il ministero della Cultura è intervenuto prontamente, smentendo ogni nomina ufficiale di Boccia. Andrea Petrella, capo ufficio stampa del MiC, ha dichiarato che non vi fosse alcun incarico formale e che Boccia stava cercando di “accreditarsi”. Tuttavia, la smentita non ha placato le polemiche: Boccia ha reso pubbliche conversazioni via email e partecipazioni a eventi ministeriali, evidenziando un coinvolgimento che sembrava smentire le parole ufficiali del ministero.
Le prove e le email riservate
In seguito, il sito Dagospia ha rivelato una email riservata, inviata dal sovrintendente del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, in cui Boccia era citata come destinataria di comunicazioni relative all’organizzazione del G7. Questa prova ha messo in discussione la narrativa secondo cui Boccia non avrebbe avuto alcun ruolo nel ministero, alimentando ancora di più il dibattito e spingendo verso la necessità di chiarimenti.
La difesa di Sangiuliano
Sotto pressione, Sangiuliano ha provato a spiegare la situazione con una lettera pubblica, nella quale ha confermato di aver conosciuto Boccia a maggio e di aver valutato la possibilità di nominarla a titolo gratuito. Tuttavia, ha affermato che “perplessità del gabinetto” sul possibile conflitto d’interessi hanno bloccato l’incarico prima che fosse formalizzato. Nella stessa lettera, Sangiuliano ha negato che Boccia avesse avuto accesso a informazioni riservate o che avesse mai partecipato a riunioni formali legate al G7.
Le dimissioni respinte e poi confermate
Nonostante le polemiche, Giorgia Meloni ha inizialmente difeso Sangiuliano, dichiarando di aver ricevuto rassicurazioni sul fatto che non fossero stati utilizzati fondi pubblici per le trasferte di Boccia. Tuttavia, la pubblicazione di ulteriori prove e le dichiarazioni contraddittorie tra Boccia e il ministro hanno reso la posizione di Sangiuliano sempre più difficile da sostenere. Dopo un lungo colloquio a Palazzo Chigi, il ministro ha offerto le sue dimissioni, che però sono state respinte dalla premier.
La crisi continua e la richiesta di dimissioni
Le versioni divergenti tra Sangiuliano e Boccia hanno spinto l’opposizione a chiedere con forza le dimissioni del ministro, evidenziando la perdita di credibilità della sua figura istituzionale. I principali partiti di opposizione hanno fatto pressione affinché Sangiuliano lasciasse l’incarico, sostenendo che il ministro non potesse più rappresentare in maniera autorevole il ministero.
L’epilogo: Alessandro Giuli nuovo ministro della Cultura
Alla fine, le dimissioni sono diventate inevitabili. Gennaro Sangiuliano ha rassegnato le dimissioni, accolte dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Al suo posto, la premier Giorgia Meloni ha nominato Alessandro Giuli, giornalista e presidente della Fondazione MAXXI, come nuovo ministro della Cultura. La nomina di Giuli segna una svolta per il ministero, ma resta aperta la questione delle dinamiche interne che hanno portato alla crisi.
Con il cambio alla guida del MiC, si chiude una vicenda che ha messo in luce non solo le fragilità politiche del governo, ma anche il potere crescente delle dinamiche mediatiche e social, capaci di influenzare profondamente la carriera di un ministro.