Chiesto il processo per i peruviani che gestivano illegalmente l’hotel dove scomparve Kata
Gang di immigrati aveva messo le mani sul vecchio albergo occupato, imponendo un tariffario per l’uso delle camere e sopprimendo con la violenza tutti i tentativi di ribellione. La procura di Firenze chiede il rinvio a giudizio per il racket delle stanze nell’ex hotel Astor di via Maragliano, teatro lo scorso 10 giugno della scomparsa della bimba peruviana di 5 anni Kataleya. Quattro gli ex occupanti, tutti peruviani, per i quali i pubblici ministeri chiedono il processo: Angenis Abel Alvarez Vasquez, 29 anni, uno degli zii della piccola Kata, Carlos Martin De La Colina, 37 anni, considerato il boss del racket, Nicolas Eduardo Lenes Aucacusi, 39 anni, e Carlos Manuel Salinas Mena, 63 anni. Lo riferisce oggi “La Repubblica” nell’edizione fiorentina.
Taglieggi e aggressioni tra immigrati nella Firenze senza legge
I quattro imputati, assistiti dall’avvocato Elisa Baldocci, accusati di una lunga serie di taglieggiamenti e anche del tentato omicidio avvenuto lo scorso 28 maggio, due settimane prima del sequestro della bimba, quando un cittadino ecuadoregno cadde da una finestra a 7 metri dal suolo per sfuggire a un’aggressione del clan. Contestati anche i reati di estorsione, rapina e lesioni. Secondo le indagini della squadra mobile fiorentina, il gruppetto peruviano avrebbe agito assieme ad altre persone chiedendo sistematicamente soldi (in media 600 o 700 euro) per usare le stanze. “Pretendevano, inoltre, denaro anche quando alcune persone volevano andare in visita ad altre che abitavano nell’hotel”, la ricostruzione degli inquirenti.
Un ecuadoregno minacciato si buttò dalla finestra
Grazie a svariate testimonianze ricostruiti movimenti e azioni del clan peruviano, che, armato di mazze da baseball e ferro, più volte scagliato contro famiglie e coppie dentro l’ex Astor (dove avrebbero abitato oltre 130 persone straniere), minacciandole di morte e costringendole a barricarsi nelle camere per scampare alle violenze. La sera del 28 maggio scorso, in particolare, secondo l’accusa “una spedizione punitiva” di una quindicina di persone per prendere possesso delle stanze. “Aprite la porta che qui vi buttiamo fuori come cani” urlavano. In quei minuti l’ecuadoregno si appese con le mani al davanzale di una finestra e poi lasciato cadere nel vuoto per paura di essere ucciso. Le conseguenze per lui furono gravi, con fratture multiple.
La piccola Kata mai più ritrovata
Sulla scomparsa della piccola Kata, intanto, ancora nessuna svolta. E il lieto fine sembra sempre più lontano. Gli ultimi a finire sul registro degli indagati sono stati proprio due zii della piccola, nelle cui stanze erano state rinvenute tracce sospette che avevano fatto pensare a del sangue (ipotesi poi smentita dagli esami), ma anche questo filone sembra non aver prodotto ancora sviluppi concreti. Riguardo le ipotesi, quelle principali sono legate proprio a una vendetta per le violenze che infestavano l’ex hotel Astor (e in cui avevano un ruolo di primo piano i familiari di Kata) e quella della ritorsione per un abuso sessuale, che una giovane occupante dell’albergo avrebbe subito nelle settimane precedenti il rapimento da una persona vicina alla bambina.