Citigroup, Amazon e Google pensano a una nuova ondata di licenziamenti

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Google e Amazon, le “big tech” continuano la ristrutturazione che ha già ampiamente segnato il 2023, e ora anche Citigroup, perché anche i colossi bancari devono fare i conti con un perimetro da ridefinire. Il saldo finale rischia di essere una nuova ondata di licenziamenti, che coinvolge in più settori il mercato del lavoro a livello globale. Il filo conduttore che lega i tagli è la motivazione, che coincide con lo stop agli investimenti in alcune aree e la conseguente eliminazione di posizioni e funzioni. Un movimento che può essere fisiologico in un mercato particolarmente dinamico ma che in alcuni casi si lega in maniera proporzionale a una riduzione dei profitti e in altri alla concorrenza, spietata, dell’intelligenza artificiale.

20.000 i tagli nella più grande banca al mondo

Nel caso di Citigroup, sono proprio i risultati deludenti la molla che spinge a licenziare. Nel quarto trimestre 2023 ha registrato una perdita di 1,839 miliardi di dollari (1,676 miliardi di euro), rispetto all’utile netto di 2,513 miliardi di dollari (2,290 miliardi di euro) registrato un anno prima. La banca ha puntualizzato che pesano una serie di oneri straordinari: 1,7 miliardi di dollari (1,55 miliardi di euro) per il contributo alla Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic) dopo il salvataggio di diverse banche nella crisi bancaria della scorsa primavera; un impatto negativo di 1,3 miliardi di dollari (1,185 miliardi di euro) per i rischi di trasferimento in Russia e Argentina; 880 milioni di dollari (802 milioni di euro) dovuti alla svalutazione del dollaro statunitense.

Ovviamente la prima reazione sono i tagli

Eppure, la prima reazione ai problemi del conto economico sono i tagli: 20.000 dipendenti in meno nel medio termine, sono la risposta che dà la più grande banca al mondo di fronte a un trimestre definito “particolarmente deludente”. Diversa l’origine dei tagli annunciata da Google e Amazon. Inizia a pesare in maniera evidente la concorrenza dell’intelligenza artificiale, che di fatto sostituisce l’uomo in diverse mansioni, che si somma al ridimensionamento di progetti e al disinvestimento in aree che non hanno dato i risultati sperati. Google, da una parte elimina “alcune centinaia di ruoli” in ciascuna delle sue divisioni hardware, ingegneria e Google Assistant e, dall’altra, riorganizza le squadre di Devices & Services responsabili dell’hardware di Pixel, Nest e Fitbit.

Le dinamiche di Google e Amazon

In tutto, si arriva a 1.000 esuberi. Dinamiche simili in Amazon. Nel mirino ci sono centinaia di lavoratori di Prime Video e di Amazon Mgm Studios in America, come ha scritto in una mail ai dipendenti Mike Hopkins, che dirige la divisione video in streaming e studios. L’obiettivo è “ridurre o interrompere gli investimenti in alcune aree, aumentando invece gli investimenti e concentrandoci sui contenuti e sulle iniziative di prodotto che hanno un impatto maggiore”.

Vecchi e nuovi posti di lavoro: il saldo rischia di essere negativo

Cosa dice questa nuova ondata di licenziamenti? Se è acquisita la consapevolezza che ci si dovesse attendere una fase di transizione fra vecchi e nuovi posti di lavoro, per la trasformazione tecnologica sempre più rapida, il rischio concreto è che il saldo possa essere sbilanciato in negativo. E, nel caso in cui queste indicazioni che arrivano dalle grandi realtà americane dovesse anticipare una tendenza generalizzata, i rischi sarebbero maggiori dove, come in Europa e soprattutto in Italia, il mercato del lavoro è per sua natura meno flessibile e meno elastico. Perché, in genere, migliaia di esuberi negli Usa sono facilmente ricollocabili. Da noi, molto meno.

(di Fabio Insenga per Adnkronos)