Così il detenuto contagia l’agente che lo porta a casa
Bel capolavoro Bonafede, applausi per i carcerati ai domiciliari fregandotene degli agenti di polizia penitenziaria che li debbono portare a casa a rischio coronavirus.
Bravo, bravo davvero guardasigilli che pensa più a chi delinque che a chi lo deve sorvegliare. Trasformando in carne da macello i servitori dello Stato.
Raccontiamo una storia che è stata riferita a 7colli da un agente – ha nome e cognome ma ovviamente non lo facciamo nemmeno sotto tortura – che l’ha vissuta quasi da vicino.
Detenuto pericoloso: quindi a casa
Nei giorni scorsi il GIP di Roma ha concesso gli arresti domiciliari col Braccialetto Elettronico a un detenuto che era recluso nel carcere di Civitavecchia.
L’operazione dell’istallazione del braccialetto elettronico prevede che il detenuto venga trasmesso da due o più operatori della Polizia Penitenziaria e trasportato presso la propria abitazione.
In concomitanza, ci sono due operatori di polizia giudiziaria per vigilare sulle operazioni presso il domicilio oltre al tecnico della ditta appaltatrice Fastweb.
Tutta l’operazione prevede un tempo variabile dai 30 minuti in su e anche più di un’ora con di solito almeno 7 persone che devono permanere nell’alloggio, familiari inclusi.
Chi tutela l’agente senza protezione?
Spesso si tratta di alloggi popolari di esigue metrature e di relativa igiene sanitaria. Ovviamente c’è stato chi ha segnalato al GIP l’assenza di qualsiasi dispositivo di protezione individuale per il Covid19z. Il giudice ha confermato l’ordinanza perché il detenuto è accusato di aver commesso gravi fatti con rapina a mano armata e quindi la sua pericolosità può essere contenuta solo dentro casa, col braccialetto elettronico.
Sostanzialmente l’Autorità Giudiziaria ha stabilito che il soggetto è tanto pericoloso da dover andare a casa a rispettare la misura cautelare, in barba alla necessità sanitaria. Così si limita il rischio di contagio, ministro Bonafede? Se il soggetto in questione è ritenuto così pericoloso perché non permane in carcere?
Dice la nostra fonte: “Gli arresti domiciliari potrebbero essere ad ogni modo comunque disposti come suggerito dalla polizia Giudiziaria posticipando l’istallazione del controllo elettronico a cessata emergenza sanitaria”.
E invece no, emerge una grave e scarsa considerazione della salute per tutte le parti coinvolte.
Le istituzioni della sicurezza nell’immobilismo
Tutto questo succede – apprendiamo da altre fonti che hanno parlato con 7colli – perché la stessa Polizia di Stato vive in un clima di immobilismo ed esistono lacune applicative delle norme. Quindi nessun prende posizione in merito delegando ai dirigenti dei Commissariati e degli Uffici di Polizia fantasiose ma doverose iniziative a loro rischio e pericolo.
Analogamente è messo sotto accusa il Dipartimento della Pubblica sicurezza, che “lascia il personale senza dispositivi di protezione e istituti amministrativi per tutelare la sicurezza”.
“E se obbligati per casi veramente gravi ad interagire con più fonti di contagio divenissimo noi stessi untori?”, dicono gli agenti. Qualcuno risponda. Bonafede è sordo, la Lamorgese non si sa.