Cosparge il marito di benzina Valerio Amodio e lo uccide: Braulina Cozzula condannata a 21 anni in Appello

braulina cozzula e Valerio Amodio
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Ha acquistato 4,08 euro di benzina, pari a 2,57 litri, e con quello avrebbe dato fuoco al marito e alla loro casa. E ora, dopo 5 anni trascorsi nel carcere di Rebibbia a Roma, lontana dai suoi figli, all’epoca di 7 e 15 anni, la donna confidava in una riduzione di pena grazie al processo della Corte di Appello. Ma i giudici del Tribunale di Roma sono stati inflessibili e hanno confermato la condanna di primo grado: 21 anni carcere per la 44enne Braulina Cozzula, la donna che la sera del 25 novembre 2019, dopo l’ennesima discussione avuta con il marito, si era allontanata dalla loro abitazione a Rieti con il figlio più piccolo. La donna sperava in uno sconto di pena che, però, non è arrivato.

La sentenza

E ora la sentenza toglie le speranze alla donna, almeno fino a un eventuale ricorso in Cassazione, che i legali Antonino Castorina e Giuseppe Idà, insieme alla loro assistita. “In questi giorni ci confronteremo con la signora Braulina Cozzula e valuteremo con i colleghi di studio la possibilità di procedere con il ricorso in Cassazione, per dare reale verità a quanto è successo”, spiega l’avvocato Castorina. “Riteniamo che ci siano ancora alcuni elementi da approfondire e sui quali valuteremo il da farsi. La signora Cozzula sta facendo un percorso di totale recupero anche mentale ed è molto provata da quanto successo”, conclude.

La vicenda

Tutto è iniziato con un litigio furioso tra marito e moglie, l’ennesimo di una serie infinita. In preda all’alcol, la donna ha preso il figlio più piccolo e si è allontanata dall’abitazione. Una volta raggiunto un distributore, ha acquistato con la carta di credito della benzina, riempiendo due bottiglie. Tornata a casa, ha trovato il marito che, preoccupato per la sua assenza, aveva contattato i carabinieri. È stato allora che la moglie avrebbe la benzina addosso all’uomo e ha appiccato il fuoco, causando un incendio devastante.

Testimonianze cruciali

Due operatori del 118 hanno dichiarato di aver ricevuto una chiamata alle 20:00 che segnalava una lite domestica e una persona ubriaca. Una volta sul posto, hanno identificato Valerio Amadio, il marito, in compagnia di un bambino. L’uomo, apparentemente calmo, aveva spiegato che la moglie, già in cura presso il Centro di Igiene Mentale, si era allontanata con l’altro figlio e che non era la prima volta.

Un brigadiere dei carabinieri ha confermato di aver ricevuto già una richiesta d’intervento intorno alle 19:35 da parte di Amadio, che segnalava lo stato di alterazione della moglie. Però, in quel momento, né i carabinieri né la polizia avevano pattuglie disponibili. Quando l’agente ha richiamato l’uomo, quest’ultimo ha minimizzato la situazione, preferendo evitare un intervento per non agitare ulteriormente la moglie.

La drammatica telefonata

Poco dopo le 22:00, un’altra telefonata ha cambiato tutto. Il figlio maggiore ha chiamato il 118 raccontando che la madre, appena rientrata a casa, aveva dato fuoco al padre e chiuso i figli fuori. Il racconto straziante del ragazzo ha contribuito a confermare la ricostruzione dei fatti e a inchiodare la donna. “Mi ha chiuso fuori, mi ha chiuso fuori con mio fratello, mia mamma gli ha dato fuoco”, ha urlato il ragazzo al telefono ai soccorritori.

Le prove e la sentenza

Gli inquirenti hanno fatto leva anche sui messaggi trovati nel telefono del figlio maggiore, risalenti al 17 novembre 2019, in cui il ragazzo accusava la madre di violenza ed egoismo e la invitava ad andarsene di casa. La Corte d’Appello ha confermato che la donna aveva utilizzato due bottiglie di benzina, come testimoniato dal figlio più grande. Le dimensioni dell’incendio e la sua rapidità risultavano compatibili con questa versione.

Una storia di violenza

Nonostante le affermazioni della donna, che aveva sostenuto di essere stata vittima di violenze domestiche, gli accertamenti hanno rivelato l’assenza di denunce o referti ospedalieri a suo nome. Anzi, esistevano solo cartelle cliniche del Centro di Igiene Mentale che risalivano al 2018.