Dopo 50 anni torna a Roma una mostra dedicata al pittore americano William Congdon
Dopo cinquant’anni torna a Roma una mostra dedicata a William Congdon (1912-1998), artista spesso assimilato al gruppo degli espressionisti astratti americani, ma in realtà protagonista di una vicenda artistica ed esistenziale del tutto solitaria e che rappresenta un clamoroso caso unico nella storia dell’arte del dopoguerra. L’esposizione – aperta al pubblico da giovedì 7 marzo negli spazi di Capitolium Art Gallery in via delle Mantellate con il titolo “William Congdon. Essere-Uomo” – si focalizza su un periodo cruciale della carriera di Congdon, il triennio 1949-1951, quello in cui l’artista statunitense mette a punto una sua peculiare ricerca in equilibrio tra la rivoluzionaria novità dell’Action Painting americana e la tradizione iconografica europea della pittura di veduta.
Un Grand Tour attraverso l’Italia dell’immediato dopoguerra
Il progetto espositivo curato dalla direzione artistica di Capitolium Art Gallery con The William G. Congdon Foundation si sviluppa attorno a otto opere di grandi dimensioni del 1949-1951, gli anni in cui – grazie al sostegno di Peggy Guggenheim e di Betty Parsons, la gallerista dei maestri dell’action painting – il mercato americano premia la pittura di Congdon con quotazioni nel 1951 più alte di quelle di Pollock e di altri protagonisti della nuova avanguardia. Gli storici lavori in mostra, compongono un allucinato Grand Tour attraverso l’Italia dell’immediato dopoguerra, un Paese punteggiato dalle rovine di una civiltà millenaria e dalle macerie di un conflitto, portando il visitatore da Roma a Venezia, passando per la selvaggia natura d’Abruzzo, l’Umbria e la Toscana.
Congdon reinventa la pittura di veduta europea
I soggetti di Congdon sono quelli canonici della pittura del Grand Tour: il Pantheon, il Colosseo, la chiesa della Trinità dei Monti a Roma, la basilica di San Francesco ad Assisi, la Piazza dei Miracoli a Pisa e il Caffè Florian a Venezia, ma il linguaggio espressivo è quello avanguardistico della scuola di New York. Con il fare tipico dell’Action Painting, Congdon reinventa la pittura di veduta della tradizione europea. L’abbondante uso di pigmenti conferisce ai suoi lavori una matericità così pesante da richiedere l’uso di supporti rigidi come il compensato e la masonite, “eredi prosaici” – scrive Daniele Astrologo Abadal nel saggio critico in catalogo – “della tavola lignea italiana del Quattrocento”.
Congdon giunse in Italia durante la guerra
Congdon arriva in Italia durante gli anni del secondo conflitto mondiale come autista di ambulanze dell’American Field Service, un servizio volontario di sanità destinato a portare soccorso tanto alle truppe alleate quanto alle popolazioni civili colpite dalla guerra. L’esperienza del viaggio fa parte del suo percorso di formazione culturale: erede di due illustri e facoltose famiglie di industriali del Rhode island, ha viaggiato al seguito della madre dagli anni della prima adolescenza e conosce bene l’Europa. Diverso da tutti quelli sino ad allora sperimentati sarà però il viaggio attraverso l’Italia lacerata da una guerra feroce, un Grand Tour reso singolare dall’indissolubile intreccio tra le ragioni dell’impegno umanitario e quelle della passione per la cultura umanistica.
L’artista americano legò il suo destino al nostro Paese
Unico tra gli artisti americani di punta della sua generazione ad aver vissuto sul campo l’esperienza della guerra, Congdon finirà per legare il suo destino all’Italia, il paese in cui vivrà le esperienze più intense della vita, non ultima quella della conversione al cattolicesimo, la clamorosa scelta fatta nel 1959 e che porterà al crollo della sua fortunata carriera americana. Negli anni su cui la mostra si focalizza, Congdon è ancora l’originale artista wasp capace di emozionare Peggy Guggenheim, che di lui scrive: “William Congdon è l’unico pittore, dopo Turner, che ha capito Venezia… Il suo modo di esprimersi è moderno, la sua comprensione vecchia quanto la città stessa”.
Una ricerca spirituale che durò tutta la vita
Del tutto indifferente ai verdetti del mercato, Congdon proseguirà la sua ricerca artistica in stretta correlazione con un percorso spirituale iniziato gravitando prima nell’ambiente della Pro Civitate Christiana di Don Giovanni Rossi e poi in quello del movimento di Comunione e Liberazione fondato da Don Luigi Giussani. Alla fine degli anni Settanta, dopo un ventennio trascorso facendo base ad Assisi, si stabilisce a Gudo Gambaredo, in una casa-studio annessa a un monastero benedettino. “Nella tristezza informe della Lombardia” nascono opere del tutto nuove, una produzione oggi studiata con grande interesse dalla critica d’arte italiana ed europea impegnata nell’approfondimento dell’originale contributo offerto da Willian Congdon allo sviluppo dell’arte del ‘900.