Femminicidio Martina Scialdone, la moglie di Costantino Bonaiuti: “Non l’ho visto andare via con la pistola”

A sinistra, Martina Scialdone, a destra il luogo in cui è stata uccisa l'avvocata
Contenuti dell'articolo

La tragica vicenda del femminicidio di Martina Scialdone continua a scuotere l’opinione pubblica italiana. Nella recente udienza al processo che vede imputato Costantino Bonaiuti, ingegnere sessantunenne accusato dell’omicidio della giovane avvocata, è emersa la testimonianza scioccante della sua ex moglie. Durante l’interrogatorio, la donna ha ricostruito la serata del 13 gennaio 2023, quando il suo ex marito ha sparato a Scialdone, uccidendola all’esterno di un ristorante in via Amelia, a Roma.

Femminicidio Martina Scialdone, la moglie di Costantino Bonaiuti

“In aula la moglie del Bonaiuti – dichiara l’ Avv. Mario Scialla Il Nuovo 7 Colli, legale delle parti civili – ha riferito di non averlo visto andare via di casa con la pistola, il giorno dell’omicidio, nè di averlo visto utilizzare strumenti atti al pedinamento dell’Avvocatessa Scialdone. Ha riferito, altresì, che il marito dopo la morte della madre, intorno al 2002, ebbe ad iniziare una terapia psicologica con un Dottore che però ha certificato l’inizio della stessa solo dal 2021. Ha negato infine che lo stesso gli abbia mai riferito di avere un tumore cosa che invece l’imputato disse ad un collega di lavoro“.

“Non l’ho visto andare via con la pistola”

Oltre a dichiarare di non averlo visto andare via con la pistola, l’ex moglie di Bonaiuti ha raccontato anche come, al suo ritorno a casa quella notte, l’imputato le avesse riferito di non aver colpito la vittima in punti vitali, e che dopo aver verificato che i soccorsi erano stati allertati, se n’era andato. “Mi sembrava assurdo che una persona potesse uscire con una pistola e che gli partisse un colpo per errore”, ha dichiarato la donna. Questa affermazione ha sollevato interrogativi sulla verità delle sue parole, alimentando il dubbio che Bonaiuti potesse aver premeditato il delitto.

Le accuse a carico di Bonaiuti

Le accuse a carico di Bonaiuti sono gravi e si concentrano su motivi di gelosia e premeditazione. Secondo le pubbliche accusatrici, Barbara Trotta e Daniela Cento, il suo gesto è aggravato da “motivi futili e abietti” legati alla relazione affettiva con la vittima. L’ex moglie ha aggiunto di non aver mai sospettato relazioni extra coniugali, spiegando che prima della separazione i litigi tra loro erano frequenti, spesso per futili motivi. “Lui aveva un atteggiamento prevaricante”, ha aggiunto, sottolineando il difficile clima domestico.

Periodi di depressioni che andavano avanti da tempo

L’ex moglie ha anche rivelato che Bonaiuti aveva vissuto periodi di depressione, culminati dopo la perdita della madre. “Diceva che voleva tornare ‘nella vigna del Signore per raggiungere mia madre e le mie sorelle’”, ha ricordato, evidenziando un profondo stato di crisi interiore. Tuttavia, ha affermato di non essere a conoscenza di eventuali tentativi di monitoraggio degli spostamenti di Martina Scialdone, come l’installazione di un dispositivo GPS, che emerge dagli atti del processo.

Sul banco anche altri testimoni, oltre all’ex moglie

Nel corso dell’udienza, sono stati ascoltati altri testimoni, tra cui un collega di lavoro di Bonaiuti e un amico di lunga data, il quale ha rivelato che, alcuni mesi prima del delitto, l’imputato stava attraversando una crisi profonda legata sia alla sua situazione familiare che alla tumultuosa relazione con Scialdone. “Mi disse chiaramente che era stata lei a lasciarlo”, ha dichiarato l’amico, evidenziando la fragilità emotiva dell’imputato.

I familiari di Martina Scialdone, assistiti dall’avvocato Mario Scialla, si sono costituiti parte civile nel processo, insieme all’associazione ‘Insieme a Marianna’, attiva nel contrasto alla violenza sulle donne. La comunità rimane in attesa della verità su un delitto che ha scosso profondamente la società, sollevando interrogativi sulla violenza di genere e la necessità di una maggiore protezione per le donne. La questione non riguarda solo il caso specifico di Martina, ma mette in luce un problema sistemico che richiede attenzione e azione.