Fino a 96 ore di attesa in pronto soccorso e medici in fuga: tutti i numeri del crollo della Sanità nel Lazio

Pronto soccorso San Camillo Roma

Medici e infermieri di tutta Italia hanno indetto uno sciopero nazionale per protestare contro una Legge di Bilancio 2025 che, secondo i sindacati, tradisce le aspettative di chi ogni giorno combatte in prima linea per garantire cure e assistenza. Denunciano un sistema sanitario al limite del collasso che si trova ad affrontare ulteriori tagli e misure che, a loro dire, non risponderebbero alle necessità reali. In questo clima di protesta, la Regione Lazio rappresenta il caso più emblematico di come la sanità pubblica stia crollando sotto il peso di carenze strutturali, errori di gestione e scelte politiche miopi.

Mentre lo sciopero nazionale denuncia il rischio di blocco per migliaia di esami, interventi chirurgici e visite specialistiche, la realtà del Lazio supera ogni immaginazione. Nei Pronto Soccorso della regione, infatti, ci sono addirittura pazienti costretti ad attendere oltre 96 ore prima di essere ricoverati. Un dato che da solo è sufficiente a descrivere l’intero sistema guidato da Francesco Rocca, che ha mantenuto per sé la delega alla sanità. Eppure, sembra che le istituzioni regionali non siano in grado di affrontare questa emergenza.

Gestione dei flussi disastrosa

I numeri parlano chiaro e non lasciano spazio a interpretazioni. Nel 2023, ben un milione e 400mila cittadini laziali si sono rivolti ai Pronto Soccorso della regione. Di questi, il 5,28% era in codice rosso, ovvero emergenze gravissime, il 18,97% in urgenza, mentre quasi il 40% rientrava nelle urgenze differibili. Tuttavia, è la gestione di questi flussi che risulta disastrosa. Quasi il 49% dei pazienti ha dovuto aspettare oltre 8 ore prima di essere ricoverato, un dato già gravissimo, ma che impallidisce di fronte a quella quota del 5% che supera le 96 ore di attesa. Come è possibile che in una regione con risorse e ospedali di eccellenza si verifichino simili situazioni?

Dietro queste cifre si nascondono storie di sofferenza e disorganizzazione. Sempre nel 2023, ben 54.083 pazienti hanno passato più di 48 ore nei Pronto Soccorso del Lazio. Di questi, 44.090 erano in attesa di un posto letto in reparto o di essere trasferiti in un altro ospedale, mentre 9.993 sono rimasti nei corridoi per almeno due giorni prima di essere dimessi. Numeri che gridano vendetta, ma che sembrano non trovare risposte adeguate da parte delle istituzioni.

La radice di questo disastro va ricercata in due fattori principali: la cronica carenza di personale sanitario e la mancanza di posti letto. Nel Lazio, mancano tra i 200 e i 250 medici solo per i Pronto Soccorso. Nonostante gli sforzi per assumere nuovi professionisti, i bandi e i concorsi si rivelano un flop dietro l’altro. Gli ultimi tentativi di reclutare medici hanno portato a risultati desolanti: molti candidati non si presentano ai colloqui, e in alcuni casi il numero delle domande è nettamente inferiore ai posti disponibili.

Concorso flop

Un esempio lampante è rappresentato dal concorso indetto per affrontare le esigenze sanitarie del Giubileo 2025. Dei 42 posti richiesti, oltre un terzo è rimasto scoperto, mentre in altri bandi la situazione è stata persino peggiore. Al Sant’Andrea, per sette posizioni disponibili, sono arrivate solo 12 domande, di cui nessuno specializzato. Vincitori cinque specializzandi, due però erano già dipendenti a tempo determinato del Ps di via Grottarossa. Alla fine della fiera, quindi, l’incremento per l’intera azienda è stato di soli tre specializzandi.

A peggiorare il quadro, c’è la continua fuga dei medici dal Lazio verso l’estero o altre regioni. Solo nei Pronto Soccorso dei Castelli Romani, si registra una media di quasi tre dimissioni al mese. Complessivamente, dall’inizio del 2024, 30 medici hanno lasciato il proprio incarico. Questa emorragia di professionisti si inserisce in un contesto già precario, dove i carichi di lavoro sono insostenibili e i riconoscimenti economici inadeguati. Nel 2023, oltre 1.400 medici iscritti all’Ordine di Roma hanno presentato domanda per lavorare all’estero, una cifra che dimostra come le condizioni offerte dalla sanità regionale non siano minimamente competitive.

E non finisce qui. Anche il problema dei posti letto rappresenta un nodo cruciale. Negli ultimi 20 anni, il sistema ospedaliero del Lazio ha perso numerosi posti letto a causa di tagli indiscriminati e commissariamenti. I Pronto Soccorso, già sovraffollati, sono così costretti a trattenere pazienti che non riescono a trovare un posto in reparto, alimentando un circolo vizioso che paralizza l’intero sistema. In questo scenario desolante, la Regione tenta di tamponare le falle con soluzioni emergenziali che, tuttavia, non risolvono il problema. Per coprire i turni, si fa ricorso ai cosiddetti «gettoni di presenza», offrendo 80 euro l’ora ai medici per attività aggiuntive. Questa strategia, però, non fa altro che mettere una pezza temporanea su una situazione ormai ingestibile, rischiando di collassare nel breve periodo.

Le promesse di miglioramenti per il 2024 appaiono come l’ennesimo specchietto per le allodole. La realtà è che senza un intervento strutturale, il Lazio si avvia verso una crisi irreversibile. Il Presidente della Regione deve agire immediatamente per salvare il sistema sanitario. I cittadini laziali meritano molto di più di un’attesa di 96 ore in Pronto Soccorso. Meritano una sanità degna di un paese civile.