Gualtieri torna a chiedere poteri speciali per Roma. Ma i romani aspettano ancora la ‘città dei 15 minuti’

Campidoglio - Gualtieri

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A metà del suo mandato, il sindaco Roberto Gualtieri torna a chiedere al Parlamento poteri speciali per Roma. Mentre tanto sbandierata “città dei 15 minuti” è rimasta un’utopia e i problemi della Capitale – trasporti inefficienti, rifiuti ovunque e periferie abbandonate – continuano a essere sotto gli occhi di tutti, Roberto Gualtieri ha lanciato un nuovo appello: servirebbe una legge ordinaria per dare subito a Roma un raggio d’azione più ampio, così da intervenire su affitti brevi, rifiuti, trasporti e commercio. Ma davvero il problema della Capitale è la mancanza di poteri? Oppure la gestione del Campidoglio non è all’altezza delle promesse fatte in campagna elettorale?

La Città dei 15 minuti? Semplicemente inesistente

Uno dei punti di forza della candidatura di Gualtieri era il progetto di trasformare Roma in una città dove tutti i servizi essenziali fossero raggiungibili in 15 minuti a piedi o in bicicletta. Ma basta farsi un giro fuori dal centro per rendersi conto che questa visione è rimasta solo sulla carta. Le periferie sono sempre più isolate, il trasporto pubblico è ai minimi storici, tra autobus soppressi, metro spesso fuori servizio e strade invase dal traffico.

Il biglietto dell’autobus – paradossalmente – non può essere deciso dal Comune, ma questo è davvero il problema principale? La verità è che l’ATAC continua a offrire un servizio lento, inefficiente e inadeguato, mentre i cittadini si arrangiano tra scooter, auto private e mezzi di fortuna.

Rifiuti e degrado: Roma è più pulita?

Anche sul fronte rifiuti, la situazione non è migliorata come promesso. Altro che città pulita come un borgo del Trentino. Dopo quasi tre anni, Roma è una città dove ancora si accumulano cassonetti traboccanti, con un sistema di raccolta inefficace e un termovalorizzatore che, a detta del sindaco, dovrebbe risolvere tutto… un domani. Nel frattempo, le strade restano sporche e la gestione commissariale del ciclo dei rifiuti sembra più un tentativo di guadagnare tempo che una vera soluzione strutturale.

I pro dei maggiori poteri

Il sindaco sostiene che con un intervento mirato si potrebbe mettere ordine nella giungla dei bed and breakfast, governare il fiume Tevere e tutto ciò che scorre dentro e fuori, partecipare direttamente al Fondo Nazionale Trasporti e rendere definitiva la gestione commissariale del ciclo dei rifiuti.

Gualtieri evidenzia poi come un maggiore spazio di azione per il Campidoglio potrebbe significare anche un salto di qualità nella gestione del personale: la possibilità di assumere e pagare meglio i dipendenti, rendendo l’amministrazione più competitiva e attrattiva rispetto agli enti centrali, spesso preferiti dai lavoratori pubblici che lasciano gli enti locali. Un intervento su misura che riguardi anche la gestione del Tevere e del commercio, elementi chiave per la vita della Capitale.

Municipi abbandonati e autonomia fantasma

Mentre il Campidoglio chiede più poteri, nei Municipi – che dovrebbero essere il cuore dell’amministrazione locale – mancano fondi, risorse e competenze. Forza Italia, attraverso i consiglieri Rachele Mussolini e Francesco Carpano, ha lanciato un monito chiaro: il vero problema è che il potere è accentrato in Campidoglio, mentre le periferie – da Ostia alla Borghesiana – restano sempre più distanti dalle decisioni che contano. In città come Londra o Parigi, il decentramento amministrativo è la chiave per garantire servizi efficienti e vicini ai cittadini. A Roma, invece, tutto passa dal palazzo del Campidoglio, con risultati sotto gli occhi di tutti.

Poteri speciali: soluzione o alibi?

È vero che Roma ha un ordinamento particolare, e che una legge del 2009 (voluta da Silvio Berlusconi) prevedeva già un ampliamento delle competenze della Capitale. Ma la vera domanda è: cosa ha fatto Gualtieri con i poteri che già ha? Perché invece di chiedere strumenti straordinari, non ha ancora risolto i problemi di base?

Nel frattempo, Potere al Popolo e altre realtà politiche denunciano questa corsa ai “poteri speciali” come un modello di governance opaco, che potrebbe aprire la strada a una Roma-regione poco controllata e con un’autonomia che favorirebbe solo alcuni interessi, portando a una diminuzione dei servizi pubblici e a forti speculazioni edilizie.

Insomma, dopo due anni e mezzo di amministrazione, il sindaco sembra più impegnato a chiedere nuove leggi che a rendere Roma una città vivibile. Il tempo delle scuse sta per finire: i romani vogliono risultati, non promesse.