Guccini presenta il suo 18° album a Milano: “Bella ciao? Non fu mai una canzone dei partigiani…”

“Un giudizio sul governo? Sono soddisfatto, molto soddisfatto”. L’ironia è di Francesco Guccini. Il cantautore, classe 1940, la sfodera durante la presentazione del suo ultimo album “Canzoni da osteria”, all’Aula Magna della Statale di Milano.”L’Italia non è ancora una teocrazia, e questa è una bella soddisfazione”. Il cantautore sceglie di andare a ruota libera, certo che a 83 anni non potranno mettermi in galera. E anche questa è una bella soddisfazione”, aggiunge scherzando. “Canzoni da osteria” è il 18° album in studio per Guccini, e arriva un anno dopo “Canzoni da intorto”, che aveva segnato il suo ritorno sulla scena dopo un decennio. Una raccolta di canti popolari, selezionati e rivisitati. Un viaggio attraverso culture, popoli e tradizioni, italiane e internazionali.
“Bella ciao” diventata canzone internazionale
Il primo brano nella scaletta del disco è “Bella Ciao”. Scelta non casuale. “Non è una canzone partigiana, pure se passa come tale: la cantavano anche le mondine nelle risaie. Ma è diventata misteriosamente una canzone internazionale: nella serie tv “La casa di carta” si canta “Bella Ciao” in italiano”, dice. Quella contenuta nel nuovo disco, però, è una versione rivisitata. “Ho cambiato una parola: ho messo ‘oppressore’ al posto di ‘invasore'”, spiega Guccini. Un canto di libertà, di protesta. Un omaggio che il cantautore fa all’Iran. In particolare, alle donne dell’Iran che decidono di scendere in strada e intonarla, “perché lì non c’è invasione, ma oppressione”. Guccini condisce la presentazione dell’album snocciolando aneddoti spassosi.

“Non ascolto assolutamente la musica di oggi”
Sullo sfondo, la Modena dell’infanzia e la Bologna degli anni giovanili. La memoria si sofferma anche ai tempi in cui era docente di lingua italiana per stranieri all’università americana Dickinson College, a Bologna. “Ricordo che portavo i miei studenti americani alle Feste dell’Unità. Rimanevano sbalorditi. Però dicevo pure: qualche volta qui si mangia anche qualche bambino…”. Un giudizio caustico Guccini ce l’ha anche per la musica di oggi. Anzi, un non-giudizio. “Non posso dire niente delle canzoni di oggi. Non ascolto assolutamente la musica di oggi, quindi non posso dire niente”, dice. Guccini dice di essere fedele solo al suo giradischi, “con tutti i dischi impilati sotto”, e al suo repertorio, fissato in mente, coi brani imparati a memoria “da quando era piccolissimo”.
Guccini sulla guerra: due tifoserie opposte che urlano
“Canzoni da Osteria” ospita anche un canto della tradizione ebraica. “Scelto e selezionato prima che la guerra scoppiasse”, precisa Guccini. La questione del conflitto in Medio Oriente il cantautore ammette di non averla mai approfondita. “Anche se ho diversi amici di Medici senza Frontiere, in Israele, che mi parlavano dell’occupazione della Palestina”. Una cosa, però, appare certa: “la speranza di fraternità e di amicizia tra i due popoli si può sempre avere”, dice. Senza dimenticare la sofferenza che la guerra porta. “Come nei talk show ci sono due fazioni opposte, due tifoserie che si urlano contro, dimenticando chi c’è in mezzo. E in mezzo ci sono le vittime”, dice il cantautore.
Il ricordo dell’amico Sergio Staino
Guccini coglie l’occasione anche per ricordare l’amico di sempre Sergio Staino, scomparso poche settimane fa. Aveva creato un disegno, tempo fa, ispirato alla canzone del repertorio gucciniano “Il vecchio e il bambino”. “La tavola finiva col vecchio e il bambino che andavano di spalle verso un mondo migliore: il vecchio aveva sulla schiena la bandiera israeliana e il bambino quella palestinese”, ricorda commosso. La sintesi del suo pensiero sulla guerra Guccini lo affida a una strofa della sua popolarissima “Auschwitz”. Che diceva: “io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento si poserà”. “Può sembrare retorica, ma è così che la penso”, scandisce il cantautore. (di Marco Di Vincenzo)