I medici in piazza. Ci chiamavano eroi, ma aspettiamo ancora il risarcimento alle famiglie delle vittime

I medici dell’area convenzionata incroceranno le braccia il prossimo 1 e 2 marzo. Una protesta clamorosa, che avrà il suo apice nella giornata di mercoledì 2. Quando dalle 09.30 alle 13.00, i sindacati organizzatori hanno previsto un sit in davanti al Ministero della Salute a Roma, a Lungotevere a Ripa. Sul banco degli imputati il governo, reo secondo chi protesta, di avere abbandonato la categoria. Niente aiuti, niente adeguamenti contrattuali. Niente stabilizzazioni, per chi ha lavorato rischiando la vita nel pieno dell’emergenza covid 19. E neppure sono arrivati i risarcimenti promessi ai familiari delle vittime, di quegli ‘angeli’ morti in servizio. Per salvare altre vite umane. Esaltati dalla retorica ufficiale, ma di fatto quasi immediatamente dimenticati. Tanti i motivi per protestare, quindi. E non mancheranno i disagi alla cittadinanza, visto che molti ambulatori potrebbero rimanere chiusi. Così come le Asl, che hanno già fatto sapere il rischio di una sospensione di alcuni servizi per la due giorni di sciopero.

Il comunicato dei sindacati dei medici promotori dello sciopero

“Il malessere della categoria è palpabile. Carichi di lavoro insostenibili, mancanza di tutele, burocrazia aberrante e non ultimo il mancato indennizzo alle famiglie dei colleghi deceduti per covid. Uno schiaffo da parte dello Stato, soprattutto agli orfani di quei medici”.

“Scioperiamosi legge nella nota dei sindacatiperché rivendichiamo, come tutti gli altri lavoratori, tutele concrete come ferie, maternità, malattia. Reclamiamo tutele certe in materie di sostegno ad handicap e sostituzioni per poter fruire del meritato riposo, nonché politiche serie sulle pari opportunità.  In questa pandemia, che ha travolto il mondo, sono le donne medico che hanno pagato il prezzo più alto. Il diritto al lavoro si deve coniugare al diritto alla vita familiare e personale”.

L’appello ai cittadini, non lasciateci soli

“Vogliamo riappropriarci del nostro ruolo e della nostra dignità professionale per poter curare al meglio i pazienti che a noi si sono affidati. In questo senso siamo impegnati a garantire a tutti i cittadini parità di accesso e immediate risposte in rapporto ad uguali bisogni di salute. Scioperiamo – proseguono – perché vi è la necessità che vi siano più medici sul territorio: ad oggi nel nostro Paese sono più di tre milioni i cittadini senza medico di famiglia.  Le postazioni di guardia medica o vengono chiuse o accorpate per mancanza di personale.  Le ambulanze del 118 sono senza medico a bordo.  Vogliamo che i giovani medici siano attratti da questa professione, che oggi disertano al pari dei vecchi che si prepensionano.  È ormai ineludibile l’istituzione di un corso di specializzazione in medicina generale.  Vogliamo dire basta alla strisciante privatizzazione della medicina generale”.

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I medici, quindi, stanno cercando di tutto per salvare il servizio sanitario pubblico. E sperano che i cittadini non li lascino soli in questo momento così difficile. Loro non l’hanno mai fatto e durante tutta la pandemia hanno dato il massimo, hanno fatto il loro lavoro e ora chiedono solo vicinanza e solidarietà.