Il Centro Olimpico-tempio della velocità di Roma usato in modo ‘arbitrario’: associazioni trascinano il Campidoglio in Tribunale

“Il Centro Olimpico-tempio della velocità di Roma e d’Italia usato in modo ‘arbitrario‘: le associazioni trascinano il Campidoglio in Tribunale. L’utilizzo del Centro Olimpico–Stadio Rosi di Roma avrebbe luogo – il condizionale è d’obbligo – senza regole chiare e soprattutto pubbliche, uguali per tutti. Parliamo non di una ‘semplice‘ struttura sportiva – con tutto il rispetto per altri impianti similari – ma del Centro sportivo-tempio della velocità di Roma, del Lazio e d’Italia. Sulla cui pista di atletica leggera si allenano (o si sono allenati) giovani atleti, ma anche vere e proprie star–leggende internazionali del calibro di Marcell Jacobs e Filippo Turtu, i due recordman azzurri. Ma anche la pluripremiata staffetta dei 100 metri azzurra oro olimpico alle Olimpiadi.
Una struttura situata nel cuore del Complesso sportivo Olimpico capitolino, in via dei Campi Sportivi 7, tra Villa Ada e il Parco di Tor di Quinto, a ridosso del Tevere.

Campidoglio sotto accusa: gestione ‘personalistica’ del tempio della velocità di Roma
L’impianto sportivo è divenuto l’oggetto di una battaglia giudiziaria che coinvolge associazioni, da una parte, e istituzioni pubbliche dall’altra. A finire sul banco degli imputati – ovviamente in senso squisitamente amministrativo e politico – il Comune di Roma, che gestisce l’impianto, come risulta dagli atti giudiziari.
Da questo punto di vista, l’intero settore Sport capitolino è nelle mani dell’Assessore delegato, Alessandro Onorato. Ma a sovrintendere le attività c’è, dietro a lui, anche il sindaco Roberto Gualtieri. In seconda battuta, ma solo dietro al Comune, a finire con il dito puntato addosso, c’è anche la Fidal, la Federazione Italiana di Atletica Leggera. In particolare, il Comune di Roma è accusato, in soldoni, di una gestione ‘personalistica’ e poco trasparente della struttura stessa.
Le regole fissate dal Commissario Troncassini per il Centro Olimpico di Roma
L’oggetto del contendere riguarda la presunta inosservanza – ancora tutta da dimostrare – dei criteri di selezione per utilizzare lo Stadio Rosi, criteri stabiliti dalla convenzione capitolina del 2016, sottoscritta a quattro mani da Comune di Roma e Fidal. L’accusa, sostenuta da associazioni sportive, è di gravi e reiterate inadempienze amministrative da parte del Comune di Roma che le hanno spinte a mettere in moto la macchina giudiziaria per ottenere Giustizia.
Associazioni vs Roma: controversia sul Centro Olimpico
Dicevamo, l’accusa: uso ‘arbitrario‘ dell’impianto, a dispetto di una procedura di selezione pubblica per l’uso dell’impianto imposta da regolamenti capitolini entrati in vigore a marzo 2016, quindi quasi 10 anni fa, durante il mandato dell’allora Commissario prefettizio Francesco Paolo Tronca, che era subentrato circa un anno prima a Ignazio Marino, il sindaco PD defenestrato da Renzi e ora divenuto eurodeputato con i Verdi e Sinistra Italiana.
Ebbene, quel regolamento post-Marino – che prevede la gestione pubblica, trasparente e ‘paritaria‘ delle strutture sportive pubbliche capitoline, tra cui questo Complesso Olimpico – stadio Rosi – sarebbe stato letteralmente ‘calpestato‘ dagli attuali vertici del Campidoglio.
La nota ‘segreta’ del Campidoglio sul Centro Olimpico di Roma
Il Campidoglio, il 18 aprile 2024, avrebbe anche emesso una nota su questa vicenda – che al momento è però ignota e ‘segreta’ non solo per le associazioni ricorrenti, ma anche per il Tribunale. Questa nota dovrà essere consegnata dal Campidoglio al Tribunale entro il 10 maggio, in vista della prossima e decisiva udienza fissata per il 27 maggio.
La presunta mancata osservanza delle regole fissate da Roma nel 2016 per la gestione del Complesso Olimpico – stadio Rosi, certo, rischia di costare caro al Campidoglio. La gestione ‘arbitraria’ potrebbe del resto finire per penalizzare certe società, certi atleti e, quindi, certi enti che si occupano di sport e che, giustamente, vogliono poter usufruire, a fronte di regole chiare valide per tutti indiscriminatamente, degli impianti sportivi del Comune di Roma, ivi incluso quello in parola. Un impianto che è e resta della collettività, non solo di Roma capitale in senso stretto. Questo va sottolineato.
Il Campidoglio non può restare in silenzio: “Venga condannato”
Dal punto di vista tecnico, l’obiettivo dei ricorrenti è di ottenere la condanna del Comune di Roma per la presunta illegittimità del silenzio del Comune stesso, che non avrebbe risposto a sollecitazioni reiterate, e che si sarebbe tradotto, in soldoni, in una gestione ‘arbitraria‘ dello stadio Rosi di Roma.
L’ordinanza del Tribunale e l’udienza del 27 maggio
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha emesso, il 10 aprile, un’ordinanza che impone una serie di adempimenti istruttori a carico di Roma Capitale. Le disposizioni impongono al Campidoglio la presentazione, entro trenta giorni, di tutta la documentazione e di una relazione dettagliata sui fatti.
Con particolare riferimento agli eventuali incontri presso gli uffici comunali dopo la nota del 2024. Questa misura mira a chiarire se i termini della convenzione, volti a garantire una gestione trasparente e imparziale dello stadio, siano stati rispettati.
L’ordinanza si concentra su aspetti di merito amministrativo, escludendo questioni burocratiche secondarie, per assicurare che la gestione dell’impianto sia conforme agli standard stabiliti per favorire l’accesso alle associazioni legittimate. Il procedimento promette di offrire ulteriori chiarimenti, definendo il percorso della giustizia in una disputa che tocca il cuore della pratica sportiva nazionale.
Implicazioni sul mondo sportivo e conclusioni
L’esito di questa battaglia legale ha potenziali ripercussioni non solo sull’accesso all’impianto, ma anche sulla gestione degli asset sportivi in generale di Roma. Il “tempio dei campioni della velocità” non è solo un luogo d’allenamento per atleti di alto livello, ma un simbolo di trasparenza e meritocrazia per Roma, capitale d’Italia e dello spot. L’intervento del Tribunale potrebbe infatti diventare un precedente importante per futuri accordi e per l’applicazione rigorosa delle normative che regolano l’uso degli impianti pubblici capitolini.

