La “banda del buco” colpisce ancora: rapinata una nota gioielleria nel cuore di Roma
La banda del buco ancora in azione. I Carabinieri di Roma San Lorenzo in Lucina, alle prime luci dell’alba, hanno notificato un’ordinanza, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, che dispone le misure cautelari nei confronti di 8 indagati, cinque uomini e tre donne, gravemente indiziati: 3 uomini del furto aggravato in concorso presso una gioielleria di via Bocca di Leone al centro di Roma di monili del valore di 800.000 euro, avvenuto nella notte tra il 2 e il 3 ottobre 2023, e la donna di essere gravemente indiziata dei delitti di ricettazione della refurtiva e riciclaggio. Altri 4, due uomini e due donne, della ricettazione della refurtiva.
Spettacolare furto nel centro della città
L’indagine dei Carabinieri, durata circa 3 mesi, partì dopo il furto “da film” commesso mediante un buco aperto nel muro, attiguo al citato negozio, con conseguente effrazione della cassaforte che vi era dentro, con attività tecniche di geolocalizzazione e intercettazione telefonica, ha consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza per le responsabilità di tre uomini in merito al furto nella gioielleria, due dei quali, finiti in carcere, autori materiali praticando un buco nella parete confinante, aprendo la cassaforte con la fiamma ossidrica e uno, ai domiciliari, con mansioni di palo, ricostruendo il percorso di avvicinamento fatto dagli stessi il giorno del furto attraverso l’analisi integrata di ogni telecamera utile presente nell’area e i sopralluoghi eseguiti nei giorni precedenti.
Banda di romani ben organizzata
Si tratta di un 65enne romano, già coinvolto in indagini per furti in appartamenti e gioiellerie portati a termine con la “tecnica del buco” e con l’utilizzo di fiamma ossidrica nel 2004 in una villa a Porto Cervo, nel 2006 in una gioielleria di Terni, nel 2016 e 2020 in appartamenti a Roma; due fratelli romani, di 57 e 55 anni, il primo esperto nel settore delle serrature e già noto e il secondo invece incensurato e insospettabile. I Carabinieri raccoglievano poi elementi su una donna, finita in carcere, per ricettazione e riciclaggio; sostituiva monili provenienti dal furto alla gioielleria con denaro contante, in maniera da ostacolare la identificazione della provenienza delittuosa degli stessi. In particolare stipulava polizza di pegno aventi a oggetto i monili, ricevendo denaro contante.
Altri quattro complici si occupavano della ricettazione
Infine il ruolo di altre quattro persone, due uomini e due donne, raggiunte dall’obbligo di presentazione in caserma, indiziate di essere ricettatori, perché al fine di profitto acquistavano o comunque ricevevano nella consapevolezza della provenienza delittuosa, monili provenienti dal furto alla gioielleria di via Bocca di Leone, cui non avevano però concorso. Nello specifico, è stato possibile ricostruire la “monetizzazione” della refurtiva conseguita attraverso il suo trasferimento a terzi – al fine di trovarne compratori – oppure mediante la stipula di polizze e consegna in pegno a società specializzate o “Compro Oro”.
Il buco nel muro in corrispondenza della cassaforte
Per i Carabinieri il furto, studiato da tempo nei minimi dettagli (ricostruiti almeno 5 sopralluoghi notturni immortalati dalle telecamere), portato a termine mediante l’accesso nel corridoio dell’androne condominiale della palazzina sita al civico 43, confinante con l’oreficeria, da parte di persone che praticavano prima un grosso foro nel muro e poi, con la fiamma ossidrica tagliavano l’armadio blindato, situato in corrispondenza della parete forata, e la cassaforte contenuta all’interno. Le indagini sono state subito avviate con il censimento di tutte le telecamere per acquisire i filmati di videosorveglianza degli esercizi commerciali presenti nella zona interessata in modo da ricostruire il percorso di avvicinamento e di fuga dei malfattori.
Una minuziosa attività di indagine
Il furto perpetrato tra le ore 01:02 e le ore 3.52 del 3 ottobre 2023. All’individuazione degli indagati giunti attraverso la visione certosina dei filmati e dei relativi fermo immagine che hanno consentito di ricavare elementi importanti e particolari, nonché attraverso la consultazione delle Banca Dati e alla comparazione dei cartellini foto-segnaletici di oltre centocinquanta soggetti con precedenti, già registrati quali autori di delitti dello stesso tipo. L’analisi dei tabulati e le indagini tecniche, tra le quali attività tecniche e l’utilizzo di alcuni apparecchi localizzatori Gpd installati sulle autovetture degli indagati, ha consentito di delineare un quadro investigativo tale da consentire di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico dei tre uomini.
Tecnologia di altissimo livello e chiavi autocostruite
La Procura della Repubblica di Roma disponeva 13 decreti di perquisizioni locali e personali che consentivano il rinvenimento di gioielli, sia provento del furto oggetto di indagine sia riconducibili ad altri furti per i quali sono in corso accertamenti. Rinvenuta una ingente e sofisticata strumentazione tecnica di alto livello, chiavi rudimentali autocostruite e diverse centinaia di chiavi da duplicare, attrezzatura idonea alla fedele riproduzione di qualsiasi tipo di chiave cilindro europeo incluso, fiamme ossidriche, “piedi di porco”, telecamera di piccole dimensioni utilizzata per ispezionare l’interno delle serrature, 15mila euro, ventose di grosse dimensioni idonee a trasportare pesanti lastre di cristallo e parte dell’abbigliamento indossato durante i sopralluoghi e il furto..
Ecco come la banda si divideva il bottino
L’approfondimento delle indagini consentiva dunque di identificare un gruppo di persone ben conoscitrici del territorio e degli obiettivi da colpire con competenze specifiche attribuite ad ognuno. Subito dopo il furto gli autori dividevano il bottino che da alcuni era intascato immediatamente, mentre da altri era affidato a ricettatori che vendevano “porta a porta”; in altri casi, la refurtiva, era “monetizzata” impegnandola in società specializzate oppure ceduta a “Compro Oro” qualora gli oggetti fossero destinati alla fusione per ricavarne piccoli lingotti. Perciò la Procura della Repubblica contesta, oltre al reato di ricettazione, anche quello più grave di riciclaggio.
Sequestrati gli altri gioielli recuperati
Gli importanti oggetti recuperati e sequestrati tra gioielli, pietre preziose, brillanti, orologi di valore ammontano a circa 400 pezzi, in parte riconosciuti dal proprietario della gioielleria mentre per gli altri proseguono gli accertamenti dei Carabinieri per risalire ai proprietari ai quali restituirli Da evidenziare infine che su richiesta della Procura della Repubblica di Roma, il Giudice per le indagini preliminari disponeva il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di monili e gioielli di elevatissimo valore, nella disponibilità degli indagati, in quanto sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati, rinvenuti dai Carabinieri e sottoposti a vincolo reale, per un valore pari a 120.000 euro.