La mamma di Pamela Mastropietro: Oseghale dica la verità su quello che ha fatto e sui complici
“Mi aspetto che il 23 gennaio venga confermato l’ergastolo, ma poi la battaglia va avanti”. Alessandra Verni, la mamma di Pamela Mastropietro, la 18enne romana allontanatasi Pars di Corridonia (Macerata) e i resti della quale furono ritrovati in due trolley nel gennaio di sei anni fa, aspetta l’udienza di martedì davanti alla Corte di Cassazione dalla quale dipenderà la conferma o meno dell’ergastolo per Innocent Oseghale, già condannato in via definitiva per aver ucciso e fatto a pezzi la ragazza. La Suprema Corte si pronuncerà sulla sola aggravante della violenza sessuale, sulla quale si è svolto un appello bis a Perugia.
“Ancora aspetto il pentimento di Oseghale e che dica la verità”
L’attesa “è pesante”, sottolinea all’Adnkronos la mamma di Pamela: “Fosse per me gli darei l’ergastolo a vita per tutto: per l’omicidio, per la violenza sessuale, per il vilipendio, per il depezzamento, per la distruzione, per la crudeltà – continua -. Ma si sa, in Italia l’ergastolo in Italia non è a vita e, dopo dieci anni, ottieni permessi premi, poi la semilibertà…. non c’è rispetto per la vita delle vittime”. Quanto alla versione di Oseghale, che negli ultimi anni ha chiesto scusa sostendendo però di non aver ucciso né violentato Pamela, Alessandra Verni rispedisce le sue parole al mittente: “Io spero sempre in un pentimento di Oseghale, che lui faccia i nomi e dica tutta la verità su quello che è successo quel giorno”.
Il nigeriano non fece tutto da solo
Già perché anche se a livello giudiziario non è provato, la famiglia di Pamela crede che il nigeriano condannato non fece tutto da solo, che ebbe dei complici e che la verità su quel 30 gennaio 2018 è ancora lontana: “Ci sono due dna che non si sa di chi siano, intercettazioni nelle quali alcuni personaggi dicono che quel giorno erano nella casa, ci sono cose che non tornano, tanti aspetti che meritano una risposta. E qualcuno queste risposte me le deve dare”, sottolinea Alessandra Verni. “Per me non finisce tutto il 23 gennaio. La mia battaglia va avanti fino alla riapertura delle indagini perché ci sono altri mostri fuori che possono fare ciò che hanno fatto a Pamela ad altre e non solo a donne, ma anche a uomini perché su un cellulare c’erano foto di nigeriani torturati”.
Quello che subì Pamela è un unicum in 50 anni
“Chiedo risposte sulle indagini sui complici, sul perché non sono andate avanti e anche sulla comunità” dalla quale Pamela si allontanò, continua Alessandra Verni convinta che la figlia sia una vittima di serie B: “Si fa distinzione tra omicidi e violenze. Ma la violenza è violenza e quello che subì Pamela è un unicum in 50 anni: su Pamela fatto di tutto. Su di lei hanno detto qualsiasi cosa, ma sul carnefice cosa si è detto? Cosa si sa di Oseghale?”. Ma le sentenze servono a noi qui sulla terra perché queste violenze non succedano più”. Insieme ad altre mamme e una sorella di vittime di omicidi brutali, Alessandra ha lanciato un video-appello per chiedere la certezza della pena e lo stop a permessi e benefici.
La mamma di Pamela chiede pene più dure, senza benefici vari
“Chiediamo pene più dure: le nostre figlie non potranno più rivivere su questa terra quindi è giusto che anche i carnefici non possano farlo: non esiste la pena di morte, ma allora facciano il carcere a vita senza permessi e senza sconti. Abbiamo mandato il nostro video a giornalisti e parlamentari, qualcuno ci ha risposto che ci stanno lavorando. Ma quando? Dove?”, si chiede la mamma di Pamela facendo riferimento alle polemiche per l’aula del Senato semi-deserta durante la discussione della legge contro la violenza sulle donne. “Perché non ascoltano le famiglie delle vittime? I carnefici sono sempre tutelati, noi mai. Questo è il quinto governo dalla morte di Pamela, ma cosa si è fatto? Va bene commemorare e ricordare, ma bisogna anche fare qualcosa”.
La battaglia di Alessandra Verni non si ferma
Del resto in questi quasi sei anni, Alessandra Verni ha spesso alzato la voce. Nei mesi scorsi è stata anche ricevuta da alcune istituzioni perché aveva preso carta e penna e scritto tre lettere al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla presidente del consiglio Giorgia Meloni e al ministro della Giustizia Carlo Nordio chiedendo di essere ascoltata e verifiche sul caso della figlia. Una battaglia che oggi Alessandra porta avanti pure per conto dell’ex compagno Stefano e padre di Pamela, scomparso prematuramente a maggio dello scorso anno: “Ho sentito la vicinanza di tante persone, che continuano a starmi vicino, mentre mi sono sentita abbandonata da alcune istituzioni, ma non da tutte. Alcune mi sono state vicine”.
Ora gli occhi sono puntati sull’udienza del 23 gennaio, che si terrà a pochi giorni dall’anniversario della morte della figlia, il 30 gennaio 2018. E proprio nel giorno della ricorrenza la famiglia ha organizzato una fiaccolata alle 17.30 a piazza Re di Roma e a seguire una messa in memoria di Pamela.