La vita quotidiana ai tempi del coronavirus vista da uno scrittore sensibile: Giuseppe Del Ninno

Non se l’aspettava lo scrittore Giuseppe Del Ninno che un anno dopo il suo “diario della pandemia” si ritrovasse nella stessa identica situazione. Sì, perché “La vita quotidiana ai tempi del coronavirus” (Solfanelli editore) è un diario minimo e minuzioso di tutto quello che un’anima sensibile e attenta ha provato durante il cosiddetto lockdown dell’anno scorso. Che ricordiamolo, era la prima chiusura totale alle nostre attività quotidiane che gli italiani hanno provato dai tempi dei bombardamenti (rigorosamente “alleati”) sulle nostre città. Quindi, vicende di oltre 70 anni fa. Ma anche allora durava poche ore, non si restava chiusi in casa per settimane e mesi.
L’autore interpreta e legge il coronavirus
E’ un libretto breve, questa “Vita quotidiana” di Giuseppe Del Ninno, scrittore napoletano ma romano di adozione, che è esperto piuttosto di cinema (memorabile e insuperato il suo “Ecce alien” del lontano 1982) e autore del più recente “Piombo, sogni e celluloide. Gli anni Settanta, Ottanta e Novanta al cinema” del 2018. I libri di Del Ninno spaziano tra cinema appunto, storia, napoletanità e romanzi, perfino. E’ amico e sodale di tutta una infornata virtuosa di grandi scrittori e intellettuali come Paolo Isotta, Gennaro Malgieri, Alain de Benoist e molti molti altri. Tutta gente che sa scrivere ad altissimi livelli, e l’ha dimostrato. Ma lui non è da meno.

La vita quotidiana ai tempi del coronavirus nata quasi per gioco
E lo ha dimostrato con questa opera, nata quasi per gioco, o per noia, in cui puntigliosamente ha iniziato, durante la chiusura di marzo 2020, a descrivere i suoi giorni, quelli di sua moglie e anche quelli del canetto con cui divideva le lunghe passaggiate solitarie in una Roma pressoché deserta. Il suo pregio maggiore è stato quello di avere il coraggio di mettere completamente a nudo la sua anima e la sua mente, nel descrivere, così come le provava, le nuove impressioni che la situazione atipica gli provocavano. La lontanza dai figli, dai nipoti, da lui, vecchio patriarca, amatissimi, e la cui lontananza lo faceva – e lo fa – soffrire oltremodo. Ma poi la lontananza dalle sale del cinema, drammaticamente chiuse, dal teatro, dalla passeggiata nel centro di Roma e anche, perché no?, dal rito della cenetta al ristorante preferito. O dall’incontro con i suoi amici di sempre.
Una critica serrata alla classe politica
Nel “diario” non mancano considerazioni anche severe verso la nostra classe dirigente, totalmente inadeguata ad affrontare la situazione. Che, va detto, era una situazione assolutamente imprevedibile. Ma Del Ninno in tutto questo panorama da “day after”, non perde mai la speranza. E mentre si chiede, con Céline, se mai i merletti torneranno di moda, va con la mente ai ricordi che lo confortano, visto che il presente è affatto confortante. A Napoli, alla sua amata Ischia, dove ha il suo “buen retiro”, alle situazioni politiche e culturali degli anni trascorsi, alle battaglie da lui stesso e dai suoi amici condotte sperando in un mondo più bello.
Nella cultura la salvezza per la mente
Tradizionalista e conservatore per indole, Del Ninno però in questi ultimi anni non si è sottratto all’avanzare della tecnologia, imparando a utilizzare i social per la sua interazione col mondo, giungendo persino alle videochiamate cibernetiche pur di vedere figli e nipoti, come racconta. La sua salvezza mentale, però, sono stati certamente i suoi amati libri. Non quelli che ha scritto, ma quelli che ha letto. Nella sua biblioteca d’altri tempi, annota, si è spesso seduto durante l’isolamento per leggere, rileggere e far andare la mente a quello che fu ma soprattutto a quello che sarà. In questo lungo buio che sembra non voler finire mai.