Latina: 11 lavoratori agricoli indiani “in nero” a Terracina, la Gdf indaga per sfruttamento e caporalato
Proseguono le attività dei finanzieri del Comando Provinciale di Latina a contrasto dello sfruttamento di lavoratori nel settore agricolo.
Due imprese agricole di Terracina in provincia di Latina
Dopo le operazioni che hanno riguardato diverse aziende operanti nelle aree di Latina, Sabaudia, Terracina e Fondi, è stato eseguito un altro intervento nei confronti di due ulteriori imprese agricole, attive nell’area di Terracina.
In particolare, le Fiamme Gialle della Compagnia di Terracina, hanno effettuato un accesso mirato presso la sede e le aree di coltivazione delle aziende acquisendo, per il successivo esame, documentazione contabile ed extracontabile relativa alla gestione delle società e in particolar modo ai rapporti lavorativi in essere.
I finanzieri hanno identificato i lavoratori presenti, nonché assunto dagli stessi informazioni in ordine all’effettiva natura del rapporto di lavoro, alle caratteristiche delle prestazioni svolte e alle condizioni lavorative.
20 indiani in nero, 4 assunti ma con contratti e paghe non conformi
Nel corso dell’attività ispettiva, oltre alla verbalizzazione dei due datori di lavoro, titolari delle rispettive aziende agricole, sono stati identificati complessivamente n. 20 lavoratori, tutti di nazionalità estera (indiana); di questi, n. 11 sono risultati completamente “in nero” in quanto del tutto privi di contratto di lavoro, mentre sul conto di ulteriori n. 4 lavoratori pur in presenza di un’assunzione ufficiale, sono emerse ulteriori irregolarità nelle posizioni lavorative, quali ad esempio un numero di ore effettivamente prestate in eccesso rispetto a quelle risultanti dal contratto o ancora la corresponsione di salari e paghe orarie per importi inferiori a quelli dichiarati ufficialmente.
Per uno dei lavoratori “in nero” è stata inoltre appurata la totale assenza di permesso di soggiorno o comunque di documentazione valida a legittimarne la presenza sul territorio nazionale.
Sono in corso mirati e specifici approfondimenti al fine di ricostruire le singole posizioni e di verificare anche la sussistenza di ulteriori più gravi condotte abusive, di sfruttamento o di “caporalato”.
L’operazione effettuata, che si aggiunge ad altre attività già da tempo in corso nello specifico settore alcune delle quali in via di definizione – rientra nella più ampia strategia di contrasto al c.d. “sommerso da lavoro” e alle correlate forme di sfruttamento di manodopera.
Il lavoro “in nero” arreca danni all’intero sistema economico nazionale perché sottrae risorse all’Erario, mina i diritti e gli interessi dei lavoratori e compromette la leale e sana competizione tra imprese, oltre, come noto, a imporre di sovente condizioni lavorative vessatorie e lesive della salute e della dignità umana.