Le multe di Conte ai romani potrebbero essere nulle

Grossi multe Conte

Fuorilegge le multe di Conte? Potrebbero essere nulle tutte le sanzioni amministrative ricevute dai cittadini romani e del Lazio per i decreti del premier, almeno quelle fino al 10 aprile. La notizia viene dall’avvocato Leone Grossi, del Foro di Latina: “Le sanzioni elevate per la violazione al divieto di spostamento entro il territorio comunale sono nulle sino alla data del 10 aprile 2020 in quanto in nessun testo era vietato ma solo consigliato“.

L’avv. Grossi ha esaminato una quantità enorme di documenti, inclusa la normativa regionale, e ritiene di aver colto diversi profili di dubbia legittimità che potrebbero portare le norme volute da Conte davanti alla Corte Costituzionale ed essere cassate.

Potrebbero essere annullate le multe 

Infatti dall’8 marzo al 10 aprile 2020 lo spostamento all’interno del Comune di residenza non era vietato ma soltanto “consigliato”, almeno nella Regione Lazio.

A prescindere dalla dubbia legittimità costituzionale del provvedimento amministrativo che limita la libertà personale, da una lettura congiunta dei vari Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, che si sono susseguiti nel tempo, è questa la conclusione più logica.

Nel primo Dpcm dell’8 marzo 2020, si indicavano misure di contenimento per alcune province del nord Italia.

In sostanza si chiedeva di evitare gli spostamenti ma non vi era alcun divieto specifico. Il giorno seguente con il Dpcm 9 marzo 2020 si estendevano le misure all’intero territorio nazionale.

Con il Dpcm 22 marzo 2020, per la prima volta, si parla di divieto, ma si noti bene: divieto di spostamento tra comuni e non all’interno del territorio comunale, dove gli spostamenti sono ancora “…da evitare…”. Bastava per applicare le multe di Conte?

Grossi dice di no e nota. All’art.1, comma 1, lettera b, si legge: “…è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; conseguentemente all’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 le parole «E’ consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza» sono soppresse”.

I documenti esaminati dall’avv. Grossi

Nel preambolo delle varie ordinanze regionali, che si sono susseguite nel tempo (si veda ad esempio ordinanza n.Z00013 del 20.03.2020), si legge: “PRESO ATTO che da una lettura congiunta delle diverse norme (DPCM 8 marzo 2020, DPCM 9 marzo 2020 e circolare del ministero dell’Interno del 12 marzo 2020), sono di fatto vietati gli spostamenti degli individui da un Comune a un altro, e anche all’interno di uno stesso Comune, con l’eccezione di quelli dovuti a comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità e motivi di salute”. La stessa Regione Lazio riconosce che si tratta di una situazione di fatto e non di diritto.

Solo nel Dpcm 10 aprile 2020 si legge art. 1: “a) sono consentiti solo gli spostamenti  motivati  da  comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessita’ ovvero per  motivi  di salute e, in ogni caso, e’ fatto divieto a tutte le  persone  fisiche di trasferirsi  o  spostarsi,  con  mezzi  di  trasporto  pubblici  o privati, in un comune diverso rispetto a  quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze  lavorative,  di  assoluta urgenza ovvero per motivi  di  salute  e  resta  anche  vietato  ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale comprese le seconde case utilizzate per vacanza“.

Quindi dal 10 aprile non si parla di “evitare” gli spostamenti ma che gli stessi non sono “consentiti”.

Anche questa parolina “consentiti” non è chiarissima ma è sicuramente meno equivoca di “evitare”.

Tutto lascia immaginare che tra governo e regione abbiano scatenato il caos normativo… Le multe di Conte avranno vita breve?