L’Inps: “E no, cari italiani: se state in quarantena noi non paghiamo”
La quarantena non è una malattia. Invece il decreto Cura-Italia la equiparava proprio a una malattia. Lo dice l’Inps, contrariamente a ogni logica. Non è che il lavoratore vuole stare in quarantena di sua volontà, ma vi è costretto indipendentemente dlala sua volontà. “Non è possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera nei casi in cui il lavoratore in quarantena (art. 26, comma 1) o in sorveglianza precauzionale perché soggetto fragile (art. 26, comma 2) continui a svolgere, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa presso il proprio domicilio, mediante le forme di lavoro alternative alla presenza in ufficio. In tale circostanza, infatti, non ha luogo la sospensione dell’attività lavorativa con la correlata retribuzione”.
Ma l’Inps non c’entra nulla col telelavoro
L’Inps, con una nota, fa chiarezza sulla quarantena. “Nell’attuale contesto emergenziale sono state incentivate modalità alternative di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato (lavoro agile o smart working, telelavoro, etc.) che hanno consentito di assicurare continuità nell’attività lavorativa e, al tempo stesso, di ridurre notevolmente i rischi per la trasmissione del virus Sars-CoV-2 nei luoghi di lavoro”, sottolinea L’Istituto. Aggiungendo: “Si evidenzia che la quarantena e la sorveglianza precauzionale non configurano un’incapacità temporanea al lavoro per una patologia in fase acuta tale da impedire in assoluto lo svolgimento dell’attività lavorativa”.
Il lavoratore non sta certo in quarantena di sua volontà
“È invece evidente che in caso di malattia conclamata (art. 26, comma 6) il lavoratore è temporaneamente incapace al lavoro, con diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale, compensativa della perdita di guadagno”, afferma subito dopo l’Inps. Insomma in caso di isolamento o sorveglianza precauzionale non è possibile accedere alla tutela della malattia se si lavora da casa in smart working, sulla base degli accordi con il datore di lavoro. A meno che non si parli di “malattia conclamata” e “il lavoratore è temporaneamente incapace al lavoro. La quarantena diventa “malattia” solo se decisa dall’autorità sanitaria. Se invece è un comune o una regione non si ha diritto all’assistenza.
L’Inps deve fare il suo mestiere altrimenti chiuda bottega
Qui l’Inps fa un po’ di confusione. Che c’entra l’Inps con lo smart working? E’ chiaro che se il lavoratore continua a lavorare da casa, è come se lavorasse in ufficio. Quindi all’istituto non deve interessare. Né è suo il merito se il lavoratrore lavora da casa. Se è malato, invece, gode di tutti i benefici e l’assistenza dell’istituto previdenziale, che dovrebbe proteggere gli italiani. Cosa che non fa. Il problema della previdenza si pone quando il lavoratore fa un lavoro tale per cui si deve recare sul luogo di lavoro. Poiché chiaramente non è per sua volontà che non ci va ma perché obbligato dalla quarantena, è chiaro che l’Inps in questo caso dovrebbe fare il suo mestiere.