Lo sfogo della figlia della ristoratrice suicida: “Grazie Lucarelli per aver massacrato mia madre…”

lucarelli ristoratrice

“L’accanirsi è pericoloso. Grazie ‘signora’ per aver massacrato in via mediatica la mia mamma. Cerchi pure la sua prossima vittima”. Lo scrive su Instagram a corredo dello screenshot di una storia di Selvaggia Lucarelli la figlia di Giovanna Pedretti, la titolare della pizzeria di Sant’Angelo Lodigiano, trovata morta ieri dopo che si è sollevato il caso della recensione omofoba e contro i disabili. Il commento è alla storia pubblicata da Lucarelli ieri sera, dopo il ritrovamento del cadavere di Giovanna Pedretti, in cui la Lucarelli denunciava che “i social sono pericolosi” e osservava che “la distanza tra l’altare e la polvere è un nanosecondo”. All’indomani della morte della ristoratrice nel paese si respira un clima di generale sconcerto e di rabbia nei confronti dei media. “Siamo assediati dai giornalisti. Andate via. Qualcuno li mandi via”, si sfoga su Instagram la figlia della vittima.

La pericolosità dei social

I social network danno e tolgono, oscillando rapidamente tra macchina del consenso e macchina del fango. I like e l’aumento dei follower producono legittimazione e, quando va particolarmente bene come nel caso di Chiara Ferragni, anche guadagni milionari. Al contrario, i commenti negativi diventano rapidamente gogna pubblica, con la moltiplicazione degli insulti a fare da combustibile a una massa critica facilmente infiammabile. Lo dimostra questo caso di cronaca. Finita sotto i riflettori per un post pubblicato e contestato sui social, perché nato da una falsa recensione omofoba ‘smascherata’ da Selvaggia Lucarelli, è morta con una dinamica che al momento suggerisce l’ipotesi del suicidio.

La gestione del consenso e quella del dissenso

Tenere insieme la gestione del consenso, e quella del dissenso, degli “influencer” e quella di qualsiasi altro utente dei social vuol dire provare a risalire alle conseguenze della principale spinta all’utilizzo dei social network: la ricerca di una legittimazione pubblica di quello che si è o di quello che si fa. La premessa indispensabile è che chi lo fa per mestiere deve necessariamente tenere in debito conto la più banale delle leggi del mercato, ovvero che si compra e si vende (si concede o si toglie un like) in base alla propria credibilità. E questo vale a prescindere dal fatto che si offra qualcosa di valore e di qualità, un talento o un prodotto utile, o qualcosa di discutibile e inutile, come nel caso della miriade di fenomeni da baraccone che spopolano su Instagram e TikTok.

Non è solo colpa dei social, le responsabilità dei media