Luca, morto a 20 anni per le buche. La Procura indaga chi fece la manutenzione stradale
La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per i due titolari della ditta incaricata della manutenzione di via del Labaro, a Roma dove, il 20enne Luca Tosi Brandi nel dicembre del 2018 morì a causa delle buche mentre era a bordo della propria motocicletta. I due indagati sono accusati di omicidio stradale. L’udienza davanti al gip è fissata per il 10 maggio prossimo.
“Che dei tecnici vengano mandati davanti ad un giudice per omicidio stradale a causa della mancata manutenzione dell’asfalto costituisce un fatto eccezionale, di portata storica – afferma l’avvocato Domenico Musicco, presidente dell’associazione legale di parte civile e presidente dell’Associazione vittime incidenti stradali, sul lavoro e malasanità -. Rappresenta un cambio di mentalità da parte della magistratura – aggiunge – E sotto il profilo sociale e culturale si tratta di un tentativo di voler finalmente responsabilizzare non solo chi circola sulle strade, ma anche tutti coloro che sono deputati alla sicurezza”.
Luca, morto per le buche a Labaro nel 2018
Se via Labaro fosse stato un manto liscio, sicuro, nel dicembre del 2018 la moto Yamaha 125 di Luca Tosi Brandi non sarebbe morto per le buche. Il giovane, studente di infermieristica, sarebbe tornato a casa come sempre, appena finito il suo turno di tirocinio al Sant’Andrea. A certificarlo una perizia depositata in procura. Con una ricostruzione 3D infatti è stata mappata la via, compreso ogni tratto di asfalto compromesso. Sono state evidenziate nell’epoca dell’incidente più buche e dislivelli, poi subito rattoppate, ritenuti dal tecnico volano dello schianto della moto, finita all’improvviso contro un muro di cinta. A distanza, di due anni e mezzo la strada ora è tornata come allora. Gli squarci si sono riaperti, l’asfalto è saltato via, i dossi sono ancora là.
«Deve bastare la morte di un ragazzo – ha denunciato la mamma di Luca – O dobbiamo aspettare altri morti? Chiunque può cadere in una buca. Non solo un motocilista, ma anche un anziano, a piedi. Dopo un anno e cinque mesi e un ragazzo di vent’anni morto, mio figlio, là è rimasto tutto così. Non hanno retto nemmeno i rattoppi».