Marcello Colafigli, dalle risse alla Garbatella alla cella del tribunale distrutta a calci

Marcello Colafigli
Contenuti dell'articolo

L’arresto di Marcello Colafigli ha riportato Roma a un passato che sembrava sepolto. Quello della Banda della Magliana, un gruppo criminale che per un decennio ha dettato legge nella Capitale. Un sodalizio senza un capo vero ma con un gruppo di vertice solido di cui Marcellone faceva parte.

In prima linea

Non era uno dei tanti personaggi di retrovia, ma un prima linea di quelli da combattimento. In tutte le azioni di fuoco lui era presente. Legatissimo a Franco Giuseppucci, il fondatore della Bandaccia, Colafigli era uno dei bracci armati del gruppo. “Aveva un legame speciale con Giuseppucci – racconta a 7colli.it Antonio Mancini, meglio noto col suo nome di battaglia Accattone – sin da quanto era un ragazzino. Ha seguito le orme di Giuseppucci fino a guadagnarsi i gradi nella cosiddetta Banda della Magliana. Quando Giuseppucci morì in un agguato a Trastevere Marcellone aveva in mente solo una cosa: vendicarlo. La notte aveva gli incubi, specialmente dopo qualche pippata di cocaina, e vedeva Giuseppucci apparire in televisione per rimproverarlo di non fare abbastanza per vendicare l’onta della sua uccisione”.

Marcello Colafigli, le intercettazioni: “Te sei una bomba atomica e fai paura a tutti”

La vendetta di Donna Olimpia

Alla fine la vendetta arrivò in via di Donna Olimpia quando Colafigli e Mancini uccisero uno dei Proietti: i pesciaroli che uccisero Giuseppucci. A morire, sotto i colpi di grazia di Marcellone il 16 marzo 1981, fu “Pescetto”.

Dalla Garbatella

Ma Colafigli, che abitava alla Garbatella, era noto nel triangolo degli spari compreso tra San Paolo, la Garbatella e viale Marconi. Memorabili le sue risse al Bar delle Catene o al Sette Bello. Dotato di una forza bruta si ricorda anche quando nell’aula Occorsio di piazzale Clodio distrusse a calci una cella di sicurezza. Non era uno che parlava molto, era timido ma aveva un carisma da guerriero. Per capire il suo potere alla Garbatella aveva messo una taglia di 200 milioni su chi gli avesse portato la testa del confidente della Polizia (che allora fu er Vesuviano Claudio Sicilia).

Il manicomio criminale

Per una serie di patologie psicologiche accertate da più periti fu detenuto nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, dove organizzò l’attentato contro Enrico “Renatino” De Pedis: lo uccise con alcuni complici in via del Pellegrino.