Marcello Colafigli, i rapporti con il cartello colombiano e gli albanesi del boss della Banda della Magliana: ecco come agiva ‘Il Bufalo’
Era in regime di semilibertà dal 30 ottobre 2019 Marcello Colafigli, l’ultimo big della Banda della Magliana. E nonostante questo, aveva continuato a gestire il suo ‘lavoro’, tra traffico di sostanze stupefacenti e rapporti con la mafia. Colafigli, infatti, uno dei promotori storici dell’organizzazione criminale, era riuscito a pianificare cessioni ed acquisti di ingenti quantitativi di droga dall’estero (Spagna e Colombia), mantenendo rapporti con esponenti della ‘ndrangheta, della camorra, della mafia foggiana e con albanesi inseriti in un cartello narcos sudamericano. Ma non solo.
Aveva rapporti anche con un gruppo ben radicato nel quartiere romano della Massimina, che nel tempo si è occupato della commercializzazione sul territorio della Capitale della sostanza importata. La droga arrivava, loro la vendevano.
Come agiva Marcello Colafigli
Le indagini dei Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, partite nel giugno 2020, hanno permesso di ricostruire tutta l’organizzazione criminale. E a inquadrare meglio il ‘ruolo’ dell’ultimo ‘big’ della Banda della Magliana, che ha ispirato il ‘Bufalo’ di Romanzo Criminale. Marcello Colafigli, infatti, sarebbe riuscito a coordinare le attività delittuose, nonostante la misura a cui era sottoposto, grazie alla compiacenza della responsabile di una Cooperativa Agricola. Lui lì avrebbe dovuto svolgere l’attività lavorativa prevista dal regime di semilibertà. E invece, con l’aiuto della donna (anche lei raggiunta dall’ordinanza) si sarebbe allontanato più volte e avrebbe incontrato proprio all’interno della cooperativa i propri sodali.
Ma non solo. Avvalendosi del proprio “prestigio criminale”, Colafigli è indiziato di aver guadagnato la fiducia di un gruppo di albanesi inseriti in un importante cartello colombiano operativo nella città di Turbo (Colombia). Il referente sud americano, originario della città di Medellin, è destinatario della misura cautelare in carcere, ma al momento risulta irreperibile.
Il rapporto con gli albanesi, il cartello colombiano e la mafia di Foggia
L’uomo al vertice del gruppo “degli albanesi”, punto di contatto con il cartello colombiano, si è prestato per andare di persona a trattare con i fornitori sudamericani. E dalle intercettazioni è emerso il modo in cui proprio lui descrive le difficoltà da affrontare per entrare illegalmente in Colombia e le cautele utilizzate dai trafficanti locali per eludere le attività d’indagine. Tra l’utilizzo di apparecchi satellitari e il ricorso spregiudicato alle armi da fuoco.
Nel corso delle indagini, poi, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno ricostruito il rapporto, o meglio la collaborazione finanziaria tra il sodalizio di Colafigli e gli esponenti della criminalità organizzata della provincia di Foggia. Sono stati proprio loro, infatti, a finanziare l’importazione dalla Colombia di 30 kg di cocaina al prezzo di 200.000 euro. Una trattativa non andata a buon fine perché a uno dei solidali, che avrebbe dovuto effettuare il pagamento con money transfer verso la Colombia, sono stati sottratti da un parente prossimo, suo complice, i soldi accreditati su un conto dedicato. Da lì sono nati dei dissidi, non degenerati in violenza grazie all’intermediazione di Colafigli.
Eppure, per ‘pagare il debito’ con la malavita foggiana, proprio Colafigli è gravemente indiziato di aver organizzato una rapina ai danni di un soggetto noto nell’ambiente come “riciclatore”. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma sono però intervenuti evitando il compimento del delitto e hanno fermato le persone che avrebbero dovuto fare materialmente la rapina, recuperando in quell’occasione uno storditore elettrico, uniformi, palette e pettorine con l’emblema della Guardia di Finanza nonché una pistola Beretta.
Chi è stato arrestato oggi oltre a Colafigli
Tra i destinatari delle misure, della maxi operazione di oggi, oltre a Marcello Colafigli, già detenuto in carcere per altra causa, ci sono altri 22 cittadini italiani, 2 albanesi, 1 kosovaro, 1 macedone e 1 colombiano. Le indagini, avviate dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma e dirette dalla DDA di Roma nel giugno 2020, hanno permesso di ricostruire tutto. Dal sodalizio criminale, operativo alla Magliana e sul litorale laziale, alla base logistica nel quartiere Massimina. A capo di tutto proprio Marcello Colafigli.
Tra le persone del sodalizio deputate allo spaccio di droga anche un uomo, ferito da colpi d’arma da fuoco lo scorso 25 marzo 2024 in via Pian Due Torri alla Magliana, anche lui destinatario dell’odierna ordinanza. Inoltre, questa mattina a Roma i militari hanno trovato e sequestrato, durante la perquisizione a casa di uno degli indagati, circa 400.000 euro. Un maxi blitz all’alba di oggi, che ha visto in campo 150 militari dell’arma territoriale, equipaggi di supporto, nucleo cinofili e nucleo elicotteristi.
Chi è Marcello Colafigli, il ‘Bufalo’ di Romanzo Criminale
Marcello Colafigli, conosciuto anche come ‘Marcellone’ o ‘Bufalo’, insieme a Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino e Nicolino Selis, è stato riconosciuto come uno dei promotori della Banda della Magliana. Gravato da più ergastoli, Colafigli è stato condannato per tre omicidi, in concorso: per la morte di De Pedis (avvenuta a Roma nel 1990), quella di Carrozzi Sergio e quella del Duca Massimiliano Grazialo Lante della Rovere, entrambe nel 1978. Colafigli controllava la zona della Magliana e di San Paolo. Dall’altra parte, invece, i ‘testaccini’ guidati da De Pedis, con gli scontri sanguinosi che hanno segnato il passato della Capitale.