Marcello Colafigli, le intercettazioni: “Te sei una bomba atomica e fai paura a tutti”
“A Marce’ te non sei uno normale, te sei ‘na bomba, ‘na bomba atomica”, dalle carte della Procura emergono le prime intercettazioni contenute nell’ordinanza di custodia cautelare. Parole dette in auto dal factotum di Marcello Colafigli, il Marcellone della Banda della Magliana.
“Je se chiudeva la vena”
Per molti, specialmente nell’ambiente della camorra, era lui il vero capo della Bandaccia che ha dominato Roma tra gli anni ’70 e ’80. Un capo con una personalità complessa. Un duro dal cuore tenero che però diventava letale quando “je se chiudeva la vena”, come ricorda Antonio Mancini – al secolo Accattone – un altro boss di primissimo piano della gruppo criminale che fu.
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Le intercettazioni ambientali
“Tu me vedi così frate’, come una bomba atomica. Ma solo te”, rispondeva nella conversazione captata dall’ambientale Colafigli. La replica del guardiaspalle fa capire il livello di rispetto che aveva Marcellone anche a distanza di 40 anni: “ma che io ti vedo così, dicono così…i giornali, i cazzi e i mazzi”. Colafigli era temuto – secondo gli investigatori – proprio per il suo passato che usava come passepartout per gestire una fetta della torta della droga a Roma.
“Ho uno o due amici al massimo”
E proprio di questo si lamentava Marcellone che troppa gente usava il suo nome “pe’ fasse belli” e che invece lui aveva solo “uno o due amici al massimo“. Riguardo ai conoscenti “possono chiacchierare…però pure se chiacchierano e fanno il nome mio…a mia insaputa…io me la difendo sempre però, perché gli dico questi qua sono 40 anni che vanno avanti con il nome mio. Si sono arricchiti, che cazzo volete?”.
Il Gip
Intercettazioni sintomatiche, secondo il Gip, “del ruolo criminale di Colafigli” e rivelano “da un lato, la ragione dell’insensibilità alla lunghissima detenzione e, dall’altro, offrono la concreta spiegazione della sua facilità nel riprendere immediatamente i traffici di stupefacente su vasta scala”.