Marco Tarchi: “La Marcia su Roma fece leva sulla mancanza di credibilità della democrazia”

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“La Marcia su Roma rappresenta, plasticamente, le insufficienze e le difficoltà che la democrazia ha conosciuto in Italia nel corso della sua intera storia. Restituisce un’immagine della difficoltà che essa ha sempre dimostrato nel riuscire a superare con successo gli ostacoli che l’eterogeneità delle culture politiche che vi si sono affermate le ha posto di fronte”. Lo afferma il politologo e storico Marco Tarchi, professore ordinario di scienza della politica presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze. “Cento anni fa, l’ostlità e la diffidenza tra liberali, radicali, socialisti (e poi comunisti), cattolici – tra i partiti che esprimevano quelle sensibilità ideologiche e tra i settori di popolazione che le sostenevano – spianò la strada al successo del fascismo.

Il fascismo si affermò grazie a divisioni e fratture negli altri partiti

Che tentò, con un successo apparente che alla fine mostrò tutti i suoi limiti, di ricompattare il mosaico nazionale irreggimentandolo in un sistema autoritario”, spiega il professore Marco Tarchi. Tarchi è considerato l’ideologo della Nuova Destra italiana, esperienza metapolitica che terminò nel 1994 quando l’accademico dichiarò di non ritenere più valida la dicotomia destra/sinistra. “Dopo la caduta di Mussolini, le divisioni e le incompatibilità tornarono immediatamente alla luce. E, malgrado i compromessi sottoscritti fra le forze antifasciste, hanno caratterizzato l’intera storia della Repubblica – osserva Marco Tarchi -.

La lezione della Marcia du Roma è stata dimenticata?

La lezione del 28 ottobre 1922 è stata, insomma, dimenticata. E, oggi, per lo scenario internazionale completamente mutato, non c’è il benché minimo ritorno di un fascismo all’orizzonte. Né tal quale né sotto mentite o riviste spoglie. Ma la società italiana e la sua classe politica continuano a essere percorse da fratture e diffidenze. Le quali rendono faticoso il lavoro delle istituzioni e favoriscono clientelismo, corruzione, sottogoverno, logiche di esclusione. Non un buon viatico per il futuro di una democrazia tuttora esposta a rischi di crisi di credibilità presso l’opinione pubblica interna e gli attori internazionali”.