Morì di meningite ma per i medici era solo mal di testa. Il Pm: “Processate i tre camici bianchi”

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Non hanno capito che era stata colpita da una meningite. Le hanno somministrato antidolorifici convinti che si trattasse prima di un mal di testa, poi di un mal di schiena. Il Toradol ha avuto come conseguenza tragica quella di annullare ogni dolore mentre la meningite continuava a marciare fino ad ucciderla. Valeria Fioravanti è morta così, a 27 anni, per una meningite non diagnosticata in tempo. Per questo il pm Eleonora Fini ha chiesto il rinvio a giudizio per Marco Villivà, Carlo Ancona e Giacomo Fidelio, i tre sanitari che intervennero sulla 27enne, come riportato dal Corriere della Sera. Il primo lavora al Policlinico Casilino, gli altri due all’ospedale San Giovanni. Ora i tre rischiano di subire un processo con l’accusa di omicidio colposo.

Dipendente di Aeroporti di Roma

Valeria Fioravanti, dipendente di Aeroporti di Roma che viveva a Frascati insieme al compagno Fabrizio e alla figlia, è morta il 10 gennaio 2023. La consulenza medico legale sul caso è arrivata a una conclusione netta: la malattia che uccise la ragazza non venne riconosciuta, non si eseguirono gli esami specifici per tempo nonostante il quadro clinico suggerisse di verificare se la paziente fosse affetta da meningite.

La prima diagnosi

La prima diagnosi errata è stata formulata al policlinico Casilino: secondo i sanitari la ragazza aveva una cefalea causata da un movimento «incongruo» compiuto mentre si lavava i capelli. Un mal di testa. Il secondo errore, a sette giorni di distanza, al San Giovanni Addolorata: il dolore di Valeria sarebbe stato provocato da una lombosciatalgia.

L’accusa

Come sostiene l’accusa, i medici furono “superficiali” nel trattare la paziente. La mancata diagnosi e la somministrazione di un antinfiammatorio, che anestetizzava la ragazza dal dolore e non la guariva dalla meningite, l’ha di fatto condannata a morte. Eppure Valeria aveva fatto di tutto per evitare il peggiore degli epiloghi. La ragazza, accompagnata dai suoi familiari, bussò alla porta di quattro ospedali. Nessuno capì che era affetta da meningite.

La morte

Il 7 gennaio in coma, intubata e sedata, viene portata all’unità di terapia intensiva di neo-chirurgia del Gemelli. Qui i medici cercano in tutti i modi di strapparla alla morte, non ci riescono. Valeria il 10 gennaio esala l’ultimo respiro.