Napolitano, Palamara e la mafia: diteci chi sta mentendo
Nei Palazzi romani fibrillazione a mille, ma c’è un addendum al caso Palamara che non pensiamo possa essere lasciato cadere: riguarda Giorgio Napolitano.
Il conflitto interno alla magistratura è destinato ormai a diventare atomico e la cacciata di Palamara dall’Anm – senza neppure farlo parlare a propria difesa… – non lo renderà incruento. Le chat che abbiamo letto finora saranno chiacchiere da salotto rispetto a quello che può venire ancora fuori.
Palamara dica la verità su Napolitano
Ma Palamara deve decidersi a raccontare la verità – se vuole essere credibile – anche sul caso Napolitano. Ovvero la trattativa sulla trattativa. Per carità, la commedia è recitata tutta attorno a personaggi più o meno controversi. Non solo il magistrato più intercettato e ciarliero del globo; ma anche uomini come Ingroia e Di Matteo. La trama è ricca di nomi altisonanti.
Il punto che riguarda Napolitano è “semplice”: è vero che per il processo di Palermo sulla mafia in cui si tirarono fuori intercettazioni poi occultate dell’ex capo dello Stato, Palamara ricevette un incarico per “mediare”?
Cioè, egli doveva tentare di convincere i togati siciliani a lasciare in pace il Quirinale e non si capisce neppure quale ruolo viene attribuito al tempo per l’allora direttore di Repubblica Ezio Mauro.
È sufficiente la “smentita” di Ezio Mauro?
Proprio Mauro è l’unico che si incarica di una smentita. Non si sente una parola da Palamara né da Napolitano. Eppure, ne va della credibilità delle istituzioni, della giustizia, della magistratura stessa.
In commissione antimafia, sere fa, l’ex piemme Di Matteo è stato netto: “Ingroia mi disse di aver ricevuto pressioni per Napolitano”, è la sostanza di quanto riferito all’organo parlamentare. E lo stesso Ingroia si è premurato di confermare sia la richiesta di “trattativa sulla trattativa “ – si parlava del famoso “papello” tra Stato e mafia – sia la “mediazione” di Mauro per proporre che, su richiesta di Napolitano, Palamara potesse parlarne con i suoi colleghi palermitani.
Un intreccio indubbiamente impressionante. Difficile che possa calare così il silenzio. Soprattutto perché uno dei protagonisti ha fatto il presidente della Repubblica e gli altri i magistrati che indagavano sulla mafia. E poi il direttore di un grande quotidiano nazionale e l’ex presidente dell’associazione magistrati.
Crediamo che la pubblica opinione abbia il diritto di sapere la verità. Perché se si mandano solo messaggi in codice tra potenti o ex potenti si fa un torto enorme alla stessa democrazia italiana. E il nostro popolo ha invece diritto al massimo della trasparenza: chi mente in questa storia?