‘Ndrangheta, sgominata la cosa di Anzio e Nettuno: il maxi blitz all’alba
Dalle prime luci dell’alba, nei comuni di Anzio, Nettuno ed Aprilia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma stanno dando esecuzione a un Decreto, emesso dalla III Sezione “Misure di Prevenzione” del Tribunale Penale e Civile di Roma su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, che dispone il sequestro anticipato di beni, finalizzato alla confisca nei confronti del proposto alla misura di prevenzione patrimoniale Giacomo Madaffari. Le indagini hanno condotto al sequestro di un ingente patrimonio, costituito da 10 immobili di cui 6 di categoria A/7 (ville e immobili di pregio), 6 terreni, 2 autovetture, conti correnti e una società di rivendita autoveicoli, frutto del reimpiego di denaro ritenuto provento delle attività illecite perpetrate dal Madaffari. I beni sequestrati sono stimati in oltre tre milioni di euro.
Maxi sequestro
Il sequestro scaturisce dagli accertamenti, delegati dalla Procura di Roma-Dda ai Carabinieri della Sezione Misure di Prevenzione del Nucleo Investigativo Carabinieri, volti alla ricostruzione del profilo criminale e del patrimonio di Giacomo Madaffari. Sono state definite la carriera criminale che qualifica la pericolosità sociale e le cointeressenze economiche presenti e cessate, anche nel contesto familiare di origine. La pericolosità sociale è riconducibile al fatto che Madaffari è oggi ritenuto al vertice della locale ‘ndrangheta Madaffari-Perronace-Gallace insediata nei comuni di Anzio e Nettuno e territori limitrofi del litorale laziale a sud della Capitale.
Ambito criminale
Attraverso i dati raccolti nei procedimenti penali e nelle relazioni in ambito criminale, a partire dalla metà degli anni ‘70 e fino ad oggi, è stato delineato il quadro degli illeciti realizzati nel corso del tempo e la sua caratura criminale, da ultimo chiaramente emersa dalle indagini che hanno visto l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip presso il Tribunale di Roma il 18 febbraio 2022, nell’ambito dell’indagine Tritone, eseguita dai carabinieri del Nucleo Investigativo di via in Selci che ha disvelato l’esistenza e l’operatività della locale di ‘ndrangheta.
Pericolosi e sanguinari
L’appartenenza di Madaffari alla ‘ndrangheta denota la pericolosità qualificata a cominciare dagli anni 80/90, epoca del trasferimento nell’area sud di Roma e delle immediate relazioni con le stabili famiglie ‘ndranghetiste dei Gallace, dei Perronace e dei Tedesco. Considerato il sistema “meritocratico” di ascesa alle posizioni apicali dell’organizzazione, è evidente che la posizione raggiunta a capo di un locale sia indice non solo di una “carriera criminale” all’interno della ‘ndrangheta, ma anche della possibilità avuta di “crescere” commettendo reati su un territorio già controllato dalle cosche calabresi. Le investigazioni hanno anche messo in evidenza come l’elevato tenore di vita di Madaffari e di tutti i suoi familiari non sia compatibile con i redditi e le altre fonti lecitamente percepiti nell’arco temporale 1980-2020, facendo emergere un saldo negativo tra fonti lecitamente percepite ed esborsi effettuati di oltre 1,7 milioni di euro nel periodo temporale investigato.