Oggi è il “pizza day”, la mangiano due italiani su tre. Verità e mito del nostro cibo tricolore
Oggi è il Pizza day. Tra i cibi preferiti dagli italiani, ecco pro e contro, verità e falsi miti su uno dei simboli del cibo tricolore dagli esperti di “Dottore, ma è vero che…?”, il sito anti-bufale della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo). E’ vero che la pizza gonfia e appesantisce? Si può essere intolleranti al lievito usato per l’impasto? La si può mangiare senza ingrassare? Sono alcune delle domande che ricorrono sulla pizza, tanto amata ma anche demonizzata. Una bandiera del Made in Italy nel mondo, che ogni Paese ha declinato assecondando i gusti locali: dalla “pepperoni pizza” degli americani, l’equivalente della nostra al salamino piccante, alla pizza all’ananas aborrita dai puristi, che pure ha preso piede a diverse latitudini.
Ecco i numeri della pizza
Quasi 2 italiani su tre (65%) mangiano la pizza almeno una volta alla settimana, ma c’è anche un 13% che la mette nel piatto da 2 a 4 volte a settimana in pausa pranzo o come cena, a casa ma anche fuori grazie a una rete di 121mila locali da Nord a Sud dell’Italia. E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ipsos. In Italia si sfornano 2,7 miliardi di pizze all’anno che in termini di ingredienti significano durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.
Il lievito non fermenta nella pancia
“Qualcuno pensa che il lievito possa fare all’addome quel che fa all’impasto di acqua e farina, gonfiandolo prima che sia disteso nella teglia, condito e infornato”, spiegano i medici. “Durante la lievitazione, infatti, il fungo Saccharomyces cerevisiae – che da solo costituisce il lievito di birra, mentre si trova insieme ad altre specie nel lievito madre – comincia il processo di digestione dei carboidrati contenuti nella farina, da cui si libera anidride carbonica che fa crescere l’impasto. Questo tuttavia non può accadere nel nostro stomaco perché il lievito non può sopravvivere alla temperatura presente nel forno durante la cottura, ed è quindi del tutto inattivo quando arriva a tavola”, dicono i dottori.
Si può essere intolleranti al lievito? La risposta è no
“Per spiegare la pesantezza che si avverte dopo aver mangiato la pizza, qualcuno ritiene invece di avere una intolleranza individuale al lievito. Anche questa non esiste – rispondono i camici bianchi – come altre false intolleranze a centinaia di alimenti che sostengono un mercato di visite ed esami senza fondamento scientifico. Mentre l’intolleranza al glutine o al lattosio si basa sulla difficoltà di digerire queste sostanze, il lievito aiuta caso mai la digestione e il benessere dell’intestino. Saccharomyces cerevisiae è un’importante componente del nostro microbiota intestinale e viene dato come probiotico per rinforzarlo. E’ vero che esiste una rara forma di allergia al lievito ma si manifesta per inalazione della sostanza, non per averla introdotta per bocca”.
Perché la pizza può sembrare pesante?
“La pizza di per sé è un piatto sano ed equilibrato nelle sue componenti di carboidrati (la farina), proteine (la mozzarella) e grassi (l’olio di oliva)”, premettono i dottori anti-bufale. “Per completare il pasto mancherebbe solo un piatto di verdura e un frutto, dal momento che la salsa non contiene una quantità di fibre significative. Il pomodoro cotto, però, contiene licopene, una sostanza a cui sono attribuite proprietà benefiche, addirittura nei confronti di alcuni tumori. Tutto questo si applica alla classica pizza margherita, ma sappiamo quanto spesso alla ricetta base si aggiungano le più ricche e svariate farciture di formaggi, carni lavorate, addirittura patatine fritte.
La pizza “arricchita” può essee di difficile digestione
A questo punto ovviamente la digestione non è appesantita tanto dal disco di pasta di pane, ma dalla grande quantità di grassi e proteine che devono essere demolite e assorbite lungo il tratto digerente”. Inoltre, “l’impressione di gonfiore può essere data anche dalla quantità di acqua che il sale richiama nell’intestino, insieme ai gas prodotti dalla fermentazione degli amidi”. Chiarito che “a determinare il senso di pieno, pesantezza o gonfiore è soprattutto la quantità, più che la qualità, dei nutrienti contenuti nella pizza”, i medici ricordano che il suo “apporto calorico dipende certamente dalla eventuale farcitura supplementare, ma anche dalle dimensioni, dal peso, dalla quantità di olio o di mozzarella che il singolo pizzaiolo aggiunge al disco di pasta.
La margherita fornisce la metà del fabbisogno calorico di un adulto
Anche una semplice pizza margherita, comunque, contiene in media circa 900 Kcal con almeno 30 grammi di grassi, quasi la metà del fabbisogno giornaliero di un adulto, e il massimo di sale (5 g) consentito dalle Linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità. E’ per questo che, dopo aver mangiato la pizza, spesso ci si sveglia durante la notte per la sete”. Per gli esperti il suo potere calorico “non significa che si debba rinunciare a questo piatto della nostra tradizione, che spesso rappresenta anche un appuntamento sociale importante con la famiglia o gli amici. Per inserire con maggiore facilità il piacere della pizza nella nostra alimentazione, anche con frequenza settimanale, occorre evitare le versioni più guarnite e ridurne le dimensioni.
Attenzione alle bevande con cui accompagnamo la pizza
Si può scegliere la pizza per bambini, proposta in molti locali – suggeriscono i dottori – o dividerla con qualcuno, tenendo conto dell’apporto calorico che comporta negli altri pasti della giornata e anche di che cosa si beve per accompagnarla: birra o bibite gassate possono infatti aumentare la sensazione di gonfiore, oltre all’apporto calorico”. E poi “un consiglio sempre valido: masticare, bene e lentamente, bocconi piccoli, permetterà di migliorare la digeribilità della pizza e insieme permetterci di gustarla anche in minori quantità”.