Omicidio Mollicone, “Non è certo che sia morta in caserma”: le motivazioni della sentenza d’appello

A sinistra, la Corte d'Appello di Roma, a destra, Serena Mollicone
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La sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma sul caso dell’omicidio di Serena Mollicone, la ragazza scomparsa da Arce (Frosinone) nel lontano 2001 poi ritrovata morta, ha sollevato nuove inquietudini e interrogativi. Con un documento di 59 pagine, appena reso pubblico, la prima sezione della Corte ha assolto gli imputati Franco, Anna Maria e Marco Mottola, insieme ai carabinieri Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale, ribadendo una serie di incertezze nella ricostruzione dei fatti.

Omicidio Mollicone, “Non è certo che sia morta in caserma”

Uno dei passaggi più significativi della sentenza riguarda l’assenza di prove certe riguardo al luogo e alle modalità della morte di Serena Mollicone. “Non vi è certezza che la barbara uccisione sia avvenuta in caserma, né che la vittima vi sia entrata o che sia stata scagliata contro la porta”, si legge nel testo. La Corte ha messo in evidenza come la ricostruzione dei fatti presenti molte lacune, rendendo difficile attribuire responsabilità agli imputati.

Le motivazioni della sentenza d’appello

Particolarmente preoccupante, per i giudici, è stata l’incertezza riguardo alla fase letale dell’aggressione. “Ancora più incerto è che la seconda parte dell’aggressione, quella dell’imbavagliamento e dell’asfissia, sia avvenuta in caserma”, hanno aggiunto, sottolineando l’importanza di una ricostruzione chiara e dettagliata, che invece risulta compromessa.

Movente ‘evanescente’

Sulla questione del movente, la Corte ha utilizzato termini decisamente critici, definendolo “evanescente”. L‘analisi complessiva del materiale probatorio è stata giudicata insufficiente e contraddittoria, incapace di fornire un quadro chiaro che identifichi i Mottola o altri imputati come responsabili dell’omicidio. Questo giudizio ha portato la Corte a ribadire che, senza prove concrete, non è possibile giungere a una condanna. Il richiamo alla celebre frase di Pier Paolo Pasolini, “Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi”, ha servito a sottolineare il dilemma che affligge il processo: l’idea che ci possano essere delle verità, ma che queste non siano supportate da evidenze sufficienti in aula.

Il Collegio ha anche osservato che, nonostante un tentativo di rinnovare l’istruzione dibattimentale, il quadro probatorio non ha mostrato sostanziali cambiamenti rispetto al primo grado di giudizio. “In tale situazione, non può che confermarsi l’incertezza e la contraddittorietà degli elementi per affermare la responsabilità degli imputati Mottola”, afferma la sentenza, che quindi conferma l’assoluzione già espressa in precedenza.

Un caso che ha scosso l’opinione pubblica nazionale

Questo caso, che ha scosso l’opinione pubblica, continua a rappresentare un punto interrogativo per le istituzioni e per la giustizia italiana. L’assenza di certezze in una tragedia così devastante lascia aperta la questione del reale destino di Serena Mollicone, alimentando ulteriormente il dibattito su verità e giustizia in contesti complessi e intricati. Con il susseguirsi delle sentenze e delle rivelazioni, la memoria di Serena resta viva, ma la ricerca di risposte e verità continua a essere un percorso tortuoso e irto di ostacoli.