Omicidio-suicidio a Nettuno: 88enne colpisce la compagna all’addome con una pistola revolver

La villetta di Nettuno in via Tronto n. 8, foto esclusiva 7 Colli con montaggio doppio

Tragedia questa mattina a Nettuno, in via Tronto n.8, dove una coppia, un uomo e una donna, è stata trovata morta in casa dal figlio di lui. Morti un 88enne italiano (Franco Raffaele D.L.) e una 66enne bulgara (Todoriva Gergana K.), sua compagna e, a quanto pare, contemporaneamente anche badante. Il tragico evento sarebbe avvenuto al primo piano della villetta di proprietà dell’uomo, nella camera da letto.

Nettuno, si tratterebbe dell’ennesimo femminicidio

I carabinieri intervenuti sul posto propendono per l’ipotesi di un omicidio-suicidio, portato a termine a colpi di pistola, per la precisione a colpi di revolver, regolarmente detenuto dall’uomo 88enne. Si tratterebbe, insomma, dell’ennesimo e tragico femminicidio.
Il primo colpo d’arma da fuoco, quello che non ha lasciato scampo alla donna, sarebbe seguito ad una lite a dir poco furiosa. Questo si vocifera tra gli investigatori e inquirenti che stanno indagando sul caso. Ma il condizionale ancora è d’obbligo. Si tratta solo di ipotesi investigative, per il momento.

Il colpo di revolver in pieno petto

Il colpo non gli avrebbe lasciato scampo alla povera donna 66enne bulgara. Poco dopo, l’88enne avrebbe puntato l’arma sulla sua tempia. Infine fatto fuoco anche su se stesso. A scoprire i cadaveri è stato il figlio dell’uomo, che ha poi lanciato l’allarme e allertato le forze dell’ordine. I due corpi stanno per essere trasportati al Policlinico di Tor Vergata a Roma.

Sul posto i Carabinieri di Anzio e Frascati

Al momento non risultano episodi precedenti di violenza tra i due. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della stazione di Nettuno e della compagnia di Anzio, insieme al Nucleo Investigativo di Frascati per i rilievi tecnico-scientifici.

Le indagini sono in corso in città, per chiarire la dinamica dei fatti e accertare le responsabilità. Precisazioni per dovere di cronaca. È doveroso ricordare che, come da ordinamento giudiziario italiano, un’accusa non equivale a una condanna. Le prove si formano in Tribunale e l’imputato ha diritto a tre gradi di giudizio.